martedì 9 aprile 2013
Nelle precedenti puntate: Rachel, studentessa leggermente lamentosa e
un poco egocentrica, inizia a preparare la sua tesi di laurea in
Lettere sullo scrittore triestino Giorgio Voghera, seminando il panico
nelle biblioteche della Capitale). Mentre il mondo vorticosamente cambia
rimanendo sempre uguale, le campagne elettorali si consumano, Beppe
Grillo si dedica ai vaticini e fioccano gravidanze nello star system; le
laureande disperate pensano a una sola cosa: la loro tesi. Abbiamo la
pretesa di essere le uniche che versano in questa situazione
emotivamente delirante, di essere le prime ad affrontare un ostacolo
della misura dei giganti dell’Inferno dantesco. Gli incidenti si fanno
sentire, in ordine sparso: sono scivolata rovinosamente dalle scale come
le scene da film con tanto di pubblico che, mentre mi rialzo con le
gote imporporite dalla vergogna, mi dice: “Te stavi proprio ad ammazzà”,
ho rotto svariate tazzine da caffè senza un motivo ben preciso, perso
oggetti che ancora adesso sono latitanti e fatto scene incomprensibili.
Macinando pagine e pagine su Giorgio Voghera sono soddisfatta, poi si
insinua in me il germe del malcontento. “Non sto facendo abbastanza, ho
scritto una marea di banalità, non sono in grado di formulare parole di
senso compiuto in italiano, voglio la mamma, voglio la laurea, voglio la
cioccolata.” Queste le frasi che più o meno riassumono mesi di
precarietà, lavoro e scartafacci. Il cosmo inizia a dividersi in due
categorie: i cattivi e gli Gerione (volto bonario e coda da scorpione,
ancora più cattivi), le azioni elementari risultano impraticabili.
Ammettiamolo laureanda disperata, sei intrattabile, una vera palla al
piede. “Dovete nutrirmi, consolarmi, volermi bene perché mi sto per
laureare; coprite gli spigoli perché potrei accidentalmente scontrarmi
con ogni mobile.” Ahi lasso, or è stagion de doler tanto. Le letture si
esauriscono con il vademecum di Umberto Eco (grazie Umby) e ovunque mi
giro tutto parla di Giorgio Voghera, il mio Giorgio Voghera. Tremo al
pensiero di non rendergli giustizia, vedo il suo sguardo di muta
disapprovazione. Ed arriva il giorno. Quel giorno. Non scappi laureanda
disperata: devi laurearti. Allora vai dal parrucchiere e quando esci
comincia a piovere e finisci con il sembrare un barboncino. Fai lo
sforzo di metterti lo smalto ma poi lo sbertucci per leggere Il mio
carso (scrivo in minuscolo come nel testo) di Scipio Slataper in un
attacco di ansia da ‘sono una ignorante che non ha letto Scipio Slataper
e osa scrivere di Trieste’. Ti vesti e senti che stai compiendo la cosa
più simile alle nozze. La giacca è stretta e con ogni probabilità il
bottone salterà e cadrà dentro l’occhio del presidente della commissione
mettendo in serio pericolo il tuo futuro. Amici e parenti che negli
scorsi giorni volevano bidonarti (ho seriamente pensato di noleggiare
comparse) arrivano in facoltà e ti guardano fiduciosi. Farai una figura
barbina in alta definizione laureanda mia, nonna si renderà conto che
non sei intelligente e papà ti inviterà a trovare un’altra strada. Ma
dopo attese, partite di calcetto al bar e piedi doloranti da tacchi
professional, ci siamo. Inciamperai. Non sono inciampata. Dopo una
continua spersonalizzazione e trasformazione in una anonima laureanda
disperata, torno ad essere me stessa. Il relatore mi guarda bonario e
non ha coda da scorpione. Parla in maniera così delicata della tesi da
renderla interessante addirittura ai miei occhi. La commissione
sonnecchia con compostezza dopo ore di gente in preda al panico. Tra di
loro alcuni dei professori migliori che abbia mai avuto. Per un momento
vorrei fare come quando il regista di Titanic, ricevendo l’Oscar, ha
gridato: “Sono il re del mondo”, opto però su una uscita di scena
frettolosa. Ce l’ho fatta. Mi sono sposata con tre anni di piccole
fatiche ed emozioni turbinose. Ora aspettiamo un figlio che chiameremo
laurea magistrale in Italianistica, se tutto va bene. Non resta che
ringraziare l’ebraismo italiano per darmi continuamente spunti e storie
d’amore. E Giorgio Voghera per essere stato uno degli ebrei italiani più
commoventi, ironici, intimamente intelligenti di tutti i tempi.Rachel Silvera, studentessa incallita,http://moked.it/blog/ (8 aprile 2013)
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