giovedì 23 maggio 2013
Dell’interessante incontro svoltosi lo scorso venerdì 10 maggio
presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli – in occasione della
pubblicazione del numero della Rassegna Mensile di Israel dedicato alla
sofferenza degli animali – ha già parlato martedì 14,
Ilana Bahbout, a cui va un plauso, insieme a Luisella Battaglia,
Lorenzo Chieffi e gli altri organizzatori, per avere voluto e realizzato
l’importante incontro, ottimamente introdotto e moderato da Maria
Valeria Del Tufo.Vorrei soltanto segnalare, a tale proposito, che la tavola rotonda, così
come la pubblicazione del numero monografico della Rassegna (da
apprezzare, oltretutto, per la leggiadra apertura verso il linguaggio
artistico, attraverso il corredo di suggestivi disegni e poesie), si
collocano nel solco di un importante filone della speculazione di
pensiero ebraica, avviato già agli inizi del scolo scorso (pensiamo al
grande Rav Cook), ma fortemente lievitato nell’ultimo ventennio –
ampiamente testimoniato dai numerosi contributi apparsi su questo
portale e sul mensile Pagine Ebraiche -, volto a definire i doveri
dell’uomo verso le altre creature viventi. Un movimento culturale di
grande profondità e intensità etica, che tende a una sostanziale
risignificazione delle stesse Sacre Scritture, nelle quali la
tradizionale interpretazione dell’uomo come “re del creato” viene di
fatto abbandonata, a favore di una nuova assunzione di responsabilità.Si tratta, in un certo senso, di una sorta di rivincita postuma di
Spinoza, la cui esclusione dalle Comunità ebraiche del suo tempo fu in
buona parte dovuta proprio alla sua pretesa – al’epoca giudicata
inconcepibile – di estendere a tutti gli esseri viventi la stessa
dignità di creature divine, compartecipi della natura spirituale di
tutto il creato.Oggi, di nuovo, l’ebraismo riflette sul fatto che l’uomo è accomunato a
tutti gli altri esseri senzienti, innanzituto per la medesima capacità
di soffrire. I libri di Giobbe e del Qohelet, da questo punto di vista,
non riguardano più soltanto la specie umana, ma tutta la natura
cosciente. Ma, se l’uomo soffre come gli altri animali, è differenziato
da loro per il fatto che è consapevole non solo della propria
sofferenza, ma anche di quella delle altre creature. E’ questa, e solo
questa, forse, l’unica vera differenza tra l’uomo e le altre forme di
vita, ed è evidente che è una differenza che non porta alcun diritto, ma
solo doveri.Difficile dire dove questa riflessione potrà condurre, ma il fatto che
essa esista, e coinvolga un numero sempre crescente di uomini di
pensiero e di azione – rabbini, giuristi, scienziati, filosofi,
veterinari, allevatori, semplici cittadini – mi pare, di per sé, un
fatto di notevole significato.Francesco Lucrezi, storico,http://moked.it/ (22 maggio 2013)
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