lunedì 20 maggio 2013
Nugae – Cliché rosa shocking
Una statua a forma di gigantesca decoltée fucsia di fronte
all’ingresso monumentale, piastrelle a scacchiera bianche e color
ciclamino in cucina, un corridoio che funge da passerella per sfilare
con gli innumerevoli capi che si possono trovare nello sterminato
guardaroba. Questa abitazione discreta e modesta esiste davvero, in
centro a Berlino, e non può essere altro che la Barbie Dreamhouse. Si
tratta di un museo in cui i visitatori possono camminare per davvero fra
le stanze lussureggianti della casa di bambole più meravigliosa e
kitsch del mondo, quella della signorina Barbara Millicent Roberts, con
percorsi interattivi per imparare a preparare finti dolcetti e a
sentirsi più bionde. Inaugurata giovedì scorso, l’installazione ha
ovviamente scatenato numerose polemiche, contro i cliché che la Barbie
rappresenta. Non solo da parte delle femministe in semi deshabillé di
Femen, che hanno addirittura messo al rogo una bambola, al grido di
“Barbie is not a carreer!”, ma secondo gli attivisti di Pinkstinks si
promuoverebbe addirittura “un modello sociale basato sui ruoli della
cultura nazista”, in quanto per Barbie, la perfetta reginetta della casa
il cui unico compito è sorridere dalla mattina alla sera, ogni porta è
aperta solo “perché è bella”. Su Facebook nelle ultime settimane sono
state inviate al museo numerose minacce dal gruppo Occupy Dream House,
che come modello alternativo per le bambine propone Pippi Calzelunghe.
Ora, Pippi è veramente fantastica e sicuramente più educativa, però
insomma, palesemente non ha abbastanza glitter. È anche giusto cercare
di entrare nella testa di una bambina romantica e un po’ smorfiosa. Come
fece nel lontano 1959 Ruth Handler, statunitense figlia di immigrati
ebrei polacchi, che creò la prima Barbie dopo aver osservato sua figlia,
Barbara, giocare con delle bambole di carta, che si divertiva a vestire
con abitini colorati dando loro spesso ruoli da adulti. Così creò una
bambola diversa da tutte quelle dell’epoca, che avevano l’aspetto di
neonati paffuti, e nacque una giovane spilungona e formosa fashion
victim dal costume da bagno zebrato. Il suo successo fu straordinario, e
col tempo si crearono anche le versioni più politically correct, di
tutte le religioni e dalla pelle di tutti i colori, facendole
intraprendere le più disparate carriere (porta il camice da medico con
grande stile), altro che a casa a far nulla. Perché la verità è che il
rosa shocking può piacere o non piacere, ma quello di Barbie è davvero
un mondo in cui tutto può succedere.Francesca Matalon, studentessa di lettere antiche (19 maggio 2013),http://moked.it/
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