lunedì 31 marzo 2008


Masada

David Grossman, uno fra i più prstigiosi scrittori israeliani e molto amato dal pubblico italiano, pubblicherà a breve in Israele il suo attesissimo libro il cui titolo inglese è “Until the end of the land”. E’ il libro che l’autore stava scrivendo quando il 12 agosto 2006 il figlio Uri fu ucciso nell’ultima guerra del Libano poche ore prima del cessate il fuoco.
Considerato dal suo editore, Menahem Perry, il punto più alto della narrativa di Grossman il romanzo racconta la storia di Ora, una donna il cui figlio è partito per una operazione militare, che decide di lasciare la sua casa e mettersi in viaggio attraverso Israele per non doversi continuamente torturare in attesa di cattive notizie. Al fine di proteggere il figlio e donargli forza, Ora insieme ad un suo vecchio amore di gioventù, parlerà del ragazzo per tutto il viaggio ripercorrendone la vita.

Il grande valore di Grossman sia come uome sia come scrittore non è sfuggito all’Università di Firenze che in occasione della giornata della memoria gli ha conferito la Laurea Honoris causa in Studi letterari e culturali internazionali “quale riconoscimento per le sue alte qualità artistiche e il suo illuminato impegno civile”.
Riportiamo di seguito una sintesi della Laudatio della professoressa Ida Zatelli e la straordinaria Lectio magistralis dello scrittore.
Firenze, 27 gennaio 2008

Non bastano le parole per raccontare l’orrore della Shoah.
Il Giorno della memoria, che ricorda il 27 gennaio 1945, quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa giunsero ad Auschwitz, in Polonia, liberando i pochi superstiti del campo di sterminio è stato celebrato in tutta Italia con molte manifestazioni: visite guidate alla Risiera di San Sabba, unico campo di sterminio italiano, a Fossoli, al binario 21 della Stazione di Milano il luogo dal quale seicento ebrei italiani furono caricati su vagoni bestiami e deportati ad Auschwitz, nonché reading e letture a cura di testimoni della Shoah.

Una menzione a parte merita l’iniziativa dell’Università di Firenze che in occasione di questa giornata ha conferito a David Grossman, uno dei massimi esponenti della letteratura ebraica contemporanea, la laurea honoris causa in Studi letterari e culturali internazionali.
Lo scrittore israeliano che vive a Gerusalemme è laureato in Filosofia e Teatro all’Università ebraica di Gerusalemme; dopo l’esordio alla Radio israeliana come autore e conduttore di programmi culturali e come corrispondente impegnato in servizi di carattere sociale e politico, si è dedicato completamente alla scrittura dalla fine degli anni Ottanta. Conosciuto e molto amato dal pubblico italiano, Grossman ha ricevuto numerose onorificenze tra cui ricordiamo la Medaglia del Senato e il premio Roma per la Pace e l’Azione Umanitaria mentre nel suo paese è stato insignito del Premio del Primo Ministro d’Israele per la letteratura ebraica.

Alla presenza di giornalisti e di un folto pubblico in attesa fin dalle prime ore del mattino, nella stupenda cornice dell’Aula Magna dell’Università di Firenze il rettore Augusto Marinelli ha conferito a Grossman il titolo accademico “quale riconoscimento per le sue alte qualità artistiche e il suo illuminato impegno civile”.
Ed è proprio su queste tematiche oltre che sul valore del messaggio che traspare dalla narrativa dello scrittore israeliano che si è concentrata la Laudatio della professoressa Ida Zatelli, ordinario di Lingua e Letteratura ebraica.
Gli scrittori sono oggi i nuovi profeti di Israele secondo l’accezione autentica del termine: messaggeri, araldi e anche portavoce e l’ebraico nella città di Firenze vanta un’antica tradizione di studio. A confronto con il latino e il greco, usati in ambiti geografici relativamente omogenei, l’ebraico della diaspora si estendeva trasversalmente costituendo un legame interculturale, un ponte tra il mondo mussulmano e quello cristiano.
Seppur usato da una minoranza trascurabile l’ebraico come lingua franca fu l’idioma degli intellettuali che seppero fornire un contributo di indiscutibile valore al sapere moderno e alla cultura in generale.
Con i nuovi scrittori di Israele questa lingua è tornata oggi a diffondere ampiamente il suo messaggio.


Grossman, i cui lavori sono tradotti in moltissime lingue, fra le quali una particolare rilevanza riveste l’italiano, ha sperimentato nella sua narrativa considerata esemplare sia sul piano artistico che etico, diversi generi letterari: dal romanzo psicologico, a quello epistolare, a quello di formazione.
Con il suo capolavoro “Vedi alla voce: amore” – sottolinea la professoressa Zatelli – Grossman ha aperto la via del successo agli scrittori israeliani in Italia. In questo complesso volume lo scrittore ha proposto il tema della Shoah in una prospettiva nuova: la tragedia raccontata per allusioni, attraverso gli occhi di un bambino figlio di sopravvissuti, che cerca di raffigurarsi la “belva nazista” e il “paese di là”.
L’autore persegue il suo scopo attraverso una ricerca linguistica originale, dimostrandosi uno dei più profondi interpreti della tragedia del popolo ebraico.
Per il protagonista bambino Momik, l’autore non ricorre al registro delle favole; il passato che Momik sente di dover rivivere per comprendere se stesso è fatto di umiliazioni, sofferenze e annientamento: un passato che nella letteratura ebraica israeliana era stato rimosso fino a quel momento.
L’autore crea un modello narrativo in grado di superare gli schemi convenzionali per dare espressione a qualcosa che è estremamente drammatico, capace di annientare chiunque ne voglia comprendere la lettura.

Al tema dell’infanzia e dell’adolescenza l’autore dedica una attenzione costante e vivissima. E’ esemplare a questo riguardo il volume “Ci sono bambini a zig zag” dove il protagonista alla vigilia del suo Bar Mitzvah, la maggiore età religiosa, compie un viaggio premio che lo porta attraverso un’incredibile serie di incontri e sorprese alla presa di coscienza di sé e degli altri.
Grazie al suo straordinario impianto strutturale, questo testo si inserisce nella migliore narrativa di iniziazione. I bambini che emergono dalle pagine di Grossman sono precoci, dotati di sensibilità straordinaria e si muovono a volte in un mondo surreale.
Un altro tema privilegiato dall’autore è l’amore vissuto sia come relazione interpersonale effettiva oppure sognata, sia come dramma dell’assenza ma sempre con un ampio rilievo alla corporeità.
David Grossman sostiene che la scrittura è la traduzione verbale di sensazioni fisiche: le espressioni mute del corpo e le sue vibrazioni trovano parola nei suoi libri. Da qui traspare anche la sua particolare attenzione al linguaggio. Nelle sue pagine compaiono codici segreti, lessici intimi privati che se condivisi con l’altro portano alla vera, unica comprensione.
La ricercatezza formale è temperata dal lirismo che si manifesta nell’indagare le più intime pulsioni dell’animo umano con puntiglio e meticolosità. La sua scrittura è sostenuta da un costante afflato etico, che pervade contenuti di scottante interesse e urgente attualità. L’ingiustizia e il disagio come fenomeni umani sono i temi portanti nella narrativa di Grossman, siano essi determinati da una particolare condizione socio-economica o da ossessione psicologica.

Ispirandosi a Sartre egli pone la libertà come argomento alla base dello scrivere, la considera l’anima stessa dell’opera letteraria: “la libertà di pensare diversamente, di guardare in modo nuovo a situazioni e persone, anche se sono i nostri nemici”. Dobbiamo “permettere al nemico di essere ‘prossimo’ – foss’anche per un solo momento – con tutto ciò che questo comporta”. Bisogna arrivare a “conoscere l’altro dall’interno”: qui si esplica l’arte più sottile e coinvolgente dello scrittore. In questa sollecitudine dovrebbe accostarsi a lui anche l’uomo politico.
Ora che i testimoni stanno scomparendo, il compito di trasmettere la memoria, di parlare al cuore degli uomini oltre gli ambiti della ricerca specialistica, sarà sempre di più affidato all’arte dello scrittore, nuovo portavoce, nuovo profeta. Grossman che scrive spinto da una forte esigenza interiore, si è assunto questo compito, che ormai riguarda ciascuno di noi.
All’oscurità del male ha rivolto la luce del suo lavoro e noi oggi – termina Ida Zatelli – all’arte affidiamo la memoria.

Giorgia Greco - Bologna



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