martedì 1 aprile 2008




















No. 401 - 18.1.08
La famiglia Mizrachi: da Salonicco a Gerusalemme, passando per la Colombia
Una famiglia colombiana originaria di Salonicco, composta da circa 130 persone, ma molto unita, è felice nella sua nuova Patria. Un sogno che è diventato realtà.
di Julio Bircz

pubblicato da PIEDRA LIBRE: edizione € 26
www.piedralibre.co.il
Il nome “Mizrahi” significa “una persona che viene dall’Est” – ma secondo Rosita, la matriarca del clan israeliano, ha anche un altro significato: “il sole dall’Est”. Rosita è uno degli oltre 130 membri della famiglia Mizrahi che sono partiti da Santa Marta, in Colombia e si sono stabiliti in Israele. Oggi Mizrahi colombiani di ogni età vivono sparsi in tutto Israele, dal centro del Paese fino ad Eilat. Si conoscono bene tutti e si tengono in stretto contatto, riunendosi spesso per celebrare eventi o ricorrenze di famiglia.
Jenny, una Mizrahi di terza generazione, racconta la storia dei suoi nonni e dei suoi genitori e cerca di ricordare tutti i nomi che compaiono nell’albero genealogico della famiglia, ma invano. “Sfortunatamente, - dice - ad un certo punto la famiglia si è ingrandita così velocemente che io non posso più ricordare tutti i nomi e sto addirittura iniziando a dimenticare i nomi dei membri più anziani”, ammette con un sorriso. “Posso segnalare i nomi di alcuni cugini che possono raccontare le loro esperienze, o forse posso indicare i miei genitori, o uno zio. Tuttavia l’esperta è zia Rosita. Lei conosce tutti i nomi, anche dei neonati, sa tutto sulle nostre origini a Salonicco, sull’espansione della famiglia a Santa Marta, su quelli che sono immigrati in Israele e su quelli che sono rimasti indietro; sa anche che lavoro fa ciascuno. È lei l’archivista ufficiale della famiglia Mizrahi.
E così ci siamo rivolti a Rosita, la storica della famiglia. “I Mizrahi hanno iniziato ad immigrare in Israele quattro anni fa. Era il sogno della mia vita, che ho spesso temuto che non si sarebbe mai realizzato. Sto parlando del primo gruppo di 23 persone che è partito in avanscoperta per conto della famiglia. Loro sono diventati la testa di ponte di tutto il movimento e sono riusciti a convincere anche i più scettici. Da quel momento ogni membro della famiglia Mizrahi ha iniziato a fare le valigie e a trasferirsi in Israele, a gruppi, uno dopo l’altro. L’unica eccezione alla regola è stato Machi, che è stato l’unico ad arrivare da solo e poi a ritornare a Santa Marta. Tutti gli altri si sono stabiliti tra Tel Aviv ed Eilat, dove la maggior parte di loro ancora vive”.
Rosita racconta tutte le sue storie con un sorriso e con una grazia tutta colombiana. La conversazione con Rosita scorre veloce e noi le chiediamo di parlarci della sua vita nella comunità di Santa Marta e dintorni. Immediatamente si lancia in una girandola di storie. “Sono la figlia di Samuel Vitali Mizrahi, il patriarca della dinastia di Santa Marta, che era immigrato da Salonicco e aveva sposato una profuga della guerra civile spagnola (nata Espinoza, una famiglia di origini marrane). Mio padre era cieco e ha fondato un’istituzione per ciechi che opera negli Stati Uniti e in Colombia, naturalmente. I miei genitori hanno avuto 13 figli - Israel, Alberto, Corina, José e io, che viviamo tutti in Israele, Isaac, Sara, Salvador, León, Reina, Vitali, María e David, che sono ancora a Santa Marta. Io ho 65 anni e il mio lavoro è quello di preservare la storia della famiglia e i suoi legami. Mi viene naturale perché le mie radici sono importanti e ho a cuore i miei cari”. Continua a descrivere gli eventi della saga famigliare: i 13 figli di Samuel Vitali hanno prodotto 43 nipoti, ma è difficile tenere sotto controllo il numero dei bis-nipoti, perché la famiglia si è dispersa in tutte le direzioni.
Già sei bis-nipoti sono nati in Israele e altri quattro sono in arrivo. Vorrei sottolineare che ci sono Mizrahi in Uruguay e a Cuba, e che anche loro sono parte della nostra famiglia”.
Brit Mila di un nuovo piccolo Mizrahi in Israel
Una riunione quotidiana di giovani Mizrahi
Juan, il primo membro della famiglia ad arruolarsi nello Tzahal per “proteggere i diritti del nostro Popolo”, è motivo di grande orgoglio per la sua famiglia, così come Rifka, una dei pionieri della famiglia in Israele, che vive a Beer Sheva e sta aspettando il quarto figlio. Rosita ricorda anche Salvador, “che vive a Ramle e che è appena diventato il papà di un bellissimo bambino” e Rosemary (l’abbiamo trovata che rincorreva il suo bimbo) che è sposata con un israeliano e vive a Natania. Un’altra Mizrahi che ha contribuito ad accrescere il tasso di natalità israeliano è Corina, “madre di sette figli”.
Riunire tutto il clan per una foto di gruppo è una missione impossibile. I loro impegni di lavoro fanno sì che risulti praticamente impossibile trovare un giorno libero che vada bene per tutti. Le madri sono impegnate con i bambini e le distanze non facilitano le cose. Vengono da Natania, Tel Aviv, Ramle, Beer Sheva, i kibbutz e i moshav sparsi in tutto il Paese, Raanana, Gerusalemme, e da una varietà di altri luoghi giù in fondo fino ad Eilat, dove vive la maggior parte della famiglia.
Abbiamo chiesto loro di raccontarci come si vive da ebrei a Santa Marta. “Ogni settimana andavamo fino Barranquilla, a 45 km di distanza, per frequentare la sinagoga. I nostri genitori ci hanno sempre parlato delle nostre radici e solo negli ultimi anni i matrimoni misti sono diventati più comuni. In America Latina la minaccia dell’assimilazione si nasconde dietro ad ogni angolo”.
- Come mai avete iniziato ad immigrare in Israele tutti insieme solo di recente?
“Per una serie di ragioni diverse”, risponde Jenny Mizrahi. “Per molti di noi Israele era un sogno e siamo cresciuti senza poterlo realizzare, per diversi motivi. Abbiamo dovuto convincere tutti perché in Colombia siamo sempre stati una famiglia molto unita e abbiamo sempre voluto che tutta la famiglia insieme convenisse che questo è il Paese a cui apparteniamo. Ma problemi di lavoro, legami sociali, figli, scuola e gli interessi personali di ciascuno di noi rendevano impossibile l’organizzazione di un’immigrazione di massa dell’intero clan. Alla fine gli anziani hanno preso l’iniziativa e poco a poco hanno ridotto le loro attività, venduto le proprietà e organizzato tutto dalla A alla Z. Hanno iniziato ad arrivare in Israele per convincere coloro che erano rimasti indietro e che erano ancora indecisi”.
- La situazione economica ha costituito un fattore determinante?
“No, niente affatto. Il nostro passato in Colombia era tranquillo, senza problemi. Lavoravamo tutti e non avevamo problemi economici. Naturalmente alcuni avevano più di altri, ma a nessuno mancava nulla. Mio padre – ha aggiunto Jenny – aveva tre negozi che vendevano materiali da costruzioni, e uno aveva persino una gigantesca stella di David sul muro accanto all’entrata”. Rosita ci racconta che prima di venire in Israele lavorava nella scuola per ciechi fondata dal padre. Jose era un gioielliere di successo e ciascun membro della famiglia Mizrahi riusciva a mantenersi con la professione che aveva scelto. “Non abbiamo fatto l’aliyah per sfuggire alla crisi economica. Non avevamo bisogno di farlo”.
- Qual è stata la vostra prima impressione d’Israele? Che cosa vi piace qui e che cosa vi disturba in Israele?
“Israele è il luogo a cui apparteniamo. È il luogo a cui apparterranno i nostri figli e dove alla fine troveranno una sistemazione anche quelli che sono rimasti indietro e che stanno pensando di venire qui. Abbiamo tutti un lavoro: la nostra casa è qui, la nostra vita qui è più tranquilla e il futuro dei nostri figli è assicurato. La vita qui è diversa da com’era in Colombia. Siamo circondati dal nostro popolo e non abbiamo problemi di disoccupazione. L’unico problema, soprattutto per i membri più anziani della famiglia, è la lingua. Alcuni hanno difficoltà ad esprimersi, ma per tutti gli altri è la realizzazione del nostro sogno. Che cosa potremmo chiedere di più?”
Il nostro consiglio per voi che ci leggete è che se incontrate qualcuno che parla con un tipico accento colombiano (“Ma attenzione: non da ogni parte della Colombia. Noi siamo gente che viene da Santa Marta, dalla costa”, ci mettono in guardia con un grande sorriso) e vi dà la mano dicendo: “Mizrahi, piacere di conoscerla”, allora è molto probabile che vi siate imbattuti in un altro rampollo di una famiglia che ha iniziato il suo viaggio a Salonicco sotto la guida di Samuel Vitali Mizrahi, ha tenuto viva la brace dell’ebraismo (inclusa la frequenza della sinagoga) e ha realizzato e continua a realizzare il sogno di vivere nella Terra Promessa, dando il suo contributo e crescendo per creare un Israele ancora migliore, con un ricco aroma di caffè colombiano.

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