lunedì 24 novembre 2008


I figli della libertà

di Marc Levy
ed.Rizzoli Euro 19,00

Un gruppo di giovani, la guerra, Tolosa, un treno fantasma e un magnifico narratore. Marc Levy, lo scrittore francese più letto al mondo le cui opere (“Se solo fosse vero”, “Dove sei?”, “Se potessi rivederti”) hanno venduto milioni di copie, è l’autore di questo straordinario mémoire, il racconto di un reduce al figlio adolescente.“I figli della libertà” si presenta come un libro diverso dai romanzi finora pubblicati da Levy, contraddistinti da sentimenti romantici e trame di fantasia; questo è un romanzo storico dove i protagonisti, Raymond e Claude Levy (rispettivamente padre e zio dell’autore) entrano ancora adolescenti a far parte della 35° Brigata partigiana composta da ragazzi per lo più polacchi, ebrei, ungheresi, spagnoli e romeni, stranieri in fuga dalle dittature europee e dall’espansione nazista.
Sebbene non siano mai entrati in una sinagoga e ogni venerdì sera ascoltino il padre recitare la preghiera dello shabbat in una lingua inventata perché non conosce una parola d’ebraico, Raymond e Claude prendono ben presto coscienza della loro appartenenza religiosa grazie alle discriminazioni razziali, alle “tirate antisemite” del professore di storia e alle battute dei compagni con cui “facevano regolarmente a botte”.Questi giovani ammantati di idealismo e con la speranza di poter vivere in un mondo migliore compiono a rischio della propria vita azioni spericolate di sabotaggio, fanno deragliare treni, abbattono piloni elettrici, giustiziano ufficiali tedeschi e gerarchi della Milizia francese senza però “mai ammazzare un innocente e nemmeno un imbecille”.E’ contro le ingiustizie, le discriminazioni razziali, l’invasione dell’odio che i figli della libertà combattono pur nella consapevolezza che è una lotta non esente da rischi: la paura e la fame diventano una costante nella loro vita quotidiana.Marcel Langer, il cui nome diverrà quello della 35° Brigata è la prima vittima dei miliziani. Arrestato il 23 luglio 1943 mentre era in possesso di una valigia piena di esplosivi strappata a una giovane compagna inesperta, viene giustiziato nella prigione di Saint-Michel a Tolosa: la sua esecuzione è l’ennesima conferma della malvagità di un regime che ha nello “zelante” procuratore Lespinasse un valido rappresentante, un funzionario deciso a combattere senza pietà “i terroristi che turbano la quiete dei cittadini”.
Dopo mesi di azioni rocambolesche di sabotaggio, Jeannot (nome di battaglia di Raymond), Claude e altri compagni cadono vittime di una retata perchè alcuni compagni della resistenza, seppur a conoscenza dell’imminente arresto, preferiscono ignorare quell’informazione per ragioni di “vile opportunità politica”.Con le porte del carcere di Saint-Michel si apre per i ragazzi della 35° Brigata un inferno fatto di umiliazioni, torture e sofferenze inaudite alle quali quei giovani non ancora ventenni rispondono con un’umanità e una forza d’animo encomiabili: anche “in uno spazio tetro e angusto, nel cuore di questa infima tana, nell’abisso più nero, si può trovare una minuscola particella di luce….”
Dopo lo sbarco alleato in Normandia, gli ebrei, gli stranieri chiusi nel campo di Vernet, i prigionieri politici della zona di Tolosa sono caricati su un treno merci con destinazione Dachau e per quasi due mesi vagano per la Francia cercando di eludere l’aviazione alleata. Sono pagine strazianti quelle che narrano, senza mai cedere al sentimentalismo, le sofferenze atroci che attendono Raymond, Claude, Jacques, Marc, François: il caldo soffocante, la sete implacabile e la fame che non da tregua minano la resistenza di quei corpi emaciati coperti solo di pelle. Qualcuno impazzirà, i più, stremati dalle malattie si lasceranno morire.Fra coloro che trovano il coraggio di fuggire dal treno diretto al campo di sterminio c’è Raymond Levy, il padre dell’autore, che insieme al fratello Claude si ritrova in piena campagna ancora incredulo per aver riacquistato quella libertà che ormai disperava di raggiungere. (“In quel campo di stoppie, mio fratello e io eravamo e per sempre saremmo rimasti, due figli della libertà, smarriti fra sessanta milioni di morti”).Solo dopo molti anni Raymond che nel 1984 è stato insignito della Legion d’onore per aver partecipato alla Resistenza nella 35° Brigata partigiana, ha raccontato la sua drammatica esperienza al figlio Marc. Per lo scrittore francese il motivo del lungo silenzio è “che loro non si considerano eroi e il fatto di raccontare la loro storia poteva essere percepito così. Ho trovato un’umiltà profonda nel suo silenzio, loro si sono battuti perché noi potessimo avere una vita diversa”.
Narrato con una prosa scorrevole che alterna momenti drammatici a istanti di ingenua comicità e profonda partecipazione emotiva, “I figli della libertà” è un libro commovente, ironico e triste al tempo stesso nel quale l’autore è riuscito in modo mirabile a tratteggiare i personaggi con delicatezza e levità restituendo calore, umanità e dolcezza anche nei momenti più tragici del racconto.Marc Levy ha scritto un libro coraggioso sulla forza degli ideali che, soprattutto in un’epoca di “revisionismo”, può costituire un incentivo e una spinta propositiva per una società moderna troppo individualista a uscire dall’apatia e dall’indifferenza.
“Ho scritto I figli della libertà come un dovere non tanto nei confronti della memoria, quanto del futuro. Ho voluto sottolineare quanto un essere umano abbia delle responsabilità nei confronti dell’umanità. Basta abbandonarla anche solo per un secondo per perderla per sempre….”
Giorgia Greco

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