martedì 17 febbraio 2009

Birkenau

Sensazioni di Roberto Modiano in un viaggio ad Auschwitz e Birkenau

Per la giornata della memoria 2009, il Presidente della Provincia di Napoli, Dr.Dino di Palma, per la quarta volta consecutiva, ha guidato una delegazione di studenti accompagnandoli a visitare i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau, lì dove ebbe inizio la Shoà, lì dove è stata scientificamente studiata, programmata e portata avanti dal 1940 al 1945 con efficienza teutonica ed industriale la distruzione del popolo ebraico....Quest'anno, della delegazione napoletana, facevano parte oltre agli studenti di 11 scuole con i loro professori, alcuni giovani del volontariato cattolico e del mondo scout, l'Imam della moschea di Piazza Mercato di Napoli,un rappresentante della Curia ed un membro della Comunità Ebraica, io.Davanti al Muro della Morte di Auschwitz, la presenza dei rappresentanti di tre diverse religioni monoteistiche, ha consentito un importante momento di preghiera comune, nel quale ho recitato il Kaddish e lo Shemà Israel, l'Imam ha fatto un breve sermone invocativo ed, infine, Padre Nino Castello ha letto un salmo dalla Torà e recitato due preghiere.Fino a qui la fredda cronaca di un viaggio, ma lo scopo ultimo di queste mie righe è quello di tentare di descrivere le emozioni, le sensazioni, le angosce ed i sentimenti che lo hanno preceduto ed accompagnato, affinchè ognuno,leggendole, possa riflette e decidere, scientemente se se la sente di ripercorrere questo cammino nel dolore della memoria, rivivendo il riflesso di questo dramma infinito o decidere che non se la sente di andarci, e anche questa è una scelta comprensibile e condivisibile.
Infatti, negli ultimi 50 anni, io avevo versato infinite lacrime ad ogni visione di documentari in tv e ad ogni lettura di articoli e libri sulla Shoà e le sensazioni che vivevo erano state sempre così vincenti che mi avevano fatto pensare che mai sarei riuscito ad andare a visitare i Lager, senza che l'emozione mi sopraffacesse.Invece non è stato così.Ogni ebreo vivente ha conosciuto la Shoà sulla propria pelle o attraverso racconti di sopravvissuti, o i racconti che lo hanno accompagnato per tutta la vita: in famiglia, a scuola, ascoltando, leggendo, vedendo documentari e film che mostravano quella che, senza nessun dubbio, è stata la più mostruosa “tragedia organizzata” dell'umanità.Verso ottobre 2008, varie riflessioni e nuove esperienze, mi hanno fatto desiderare di andare a vedere di persona quei luoghi e, seppure con la paura di non riuscire a resistere all'emozione ed al dolore infinito che solo l'idea della Shoà mi ha sempre suscitato, mi sono offerto come membro "rappresentante" della comunità ebraica di Napoli al viaggio organizzato dalla Provincia....Una breve attesa ed "all'improvviso", il 27 gennaio 2009, eccomi lì davanti al cancello di Auschwitz, in un gelato mattino di inverno, a leggere da vicino la scritta: ARBEIT MACHT FREI.Con il cuore a 150 e la voce strozzata, con le lacrime che volevano scorrere senza freno, ero lì, alla ricerca disperata di un filo di forza per ritrovare un "contegno", davanti a tanti occhi che mi fissavano, che mi osservavano, eccomi lì....a visitare quei posti orribili, davanti al cancello milioni di volte maledetto, l'ingresso dell'inferno sulla terra, il luogo miticamente mostruoso, che nel mio immaginario aveva sempre rappresentato il MALE ASSOLUTO, il grande Molok divoratore, l'esempio dell'inizio della fine più atroce per milioni di innocenti esseri umani.In quel momento, ho pensato solo che volevo essere certo di ricordare, volevo essere certo che mia figlia potesse sapere, che i miei futuri nipoti sapessero, che i miei amici potessero vedere attraverso me...ed allora ho iniziato a scattare foto freneticamente.Scattavo foto ad ogni passo, come fossi stato un semplice osservatore non coinvolto emotivamente, un reporter inviato lì a documentare quello che residuava dell'orrore che quei luoghi e quelle mura avevano visto e vissuto.All'istante mi sono calmato. Non ero più io, Roberto Modiano, l'ebreo 58enne angosciato, ma un freddo reporter della storia, un asettico testimone, un inviato della VITA che andava a visitare il luogo in cui la MORTE aveva abitato nelle sue forme più abiette.
Passato il cancello, mi sono trovato in una ex caserma dell'esercito polacco, pulita, curata, linda, con tanti edifici a due piani in mattoni rossi, sembrava un piccolo villaggio, una piccola fabbrica stile 1930, un posto asettico, semplice,che, se non fosse stato per il filo spinato elettrificato che lo circondava, mai avresti detto che quella era stata la prima Fabbrica della Morte. Che quel posto così piccolo potesse essere IL LUOGO DOVE TUTTO IL MALE E' COMINCIATO.L'impressione che ho ricavato entrando e girando per i blocchi, con la guida che ce li illustrava dettagliatamente, è stato di trovarmi di fonte ad una scelta, per me inaccettabile, fatta ad Auschwitz: la scelta fatta di rendere quel luogo "asettico", un "museo" che, seppur con tanti oggetti lasciati lì come muti tremendi testimoni, è stato trasformato in un luogo freddo, impersonale, che non comunica le sensazioni, che io mi aspettavo di provare, e che tutti coloro che vengono a visitarlo dovrebbero riuscire a sentire. Insomma, secondo me Auschwitz, così come è ora, non trasmette quella sensazione di tragedia e morte e quel senso di orrore, estremo monito contro la follia razzista umana... .Molto diverse, invece, le sensazioni avute nel visitare Birkenau, il grande Lager dove arrivavano a centinaia i treni con i vagoni piombati pieni....e che concentrava fino a 120.000 persone alla volta.Lì ho camminato nel fango, fra la neve, al freddo, e la sensazione orribile terribile e violenta, che mi ha accompagnato ad ogni passo nella melma di Birkenau, è stata quella che, assieme al fango che calpestavo e che mi si attaccava alle scarpe.....io stessi calpestando le ceneri, i corpi, le ossa, l'anima mortale ed il ricordo di coloro che lì avevano tanto sofferto e vi erano orrendamente morti.Ho camminato con grande difficoltà, attento ad ogni passo a dove poggiavo i piedi, quasi scusandomi con la terra sulla quale passavo....impressionato dalla lunghezza dei binari dove si fermavano i treni e dall'immensità degli spazi (ora quasi vuoti) che finalmente mi facevano percepire l'immensità della tragedia, e facevano capire al visitatore più scettico e più disincantato quanto grande era un lager dove sono stati sterminati oltre un milione e mezzo di persone.Un passo dopo l'altro, alla fine del binario maledetto, ho visto le grandi camere a gas ed i forni crematori (ora crollati), le baracche di legno (le poche rimaste) che contenevano fino a 600 persone ognuna, uno stagno nel quale venivano gettate le ceneri dei corpi bruciati ed in cui, ancora oggi, l'acqua è tutta nera...ed infine le latrine per 60 persone alla volta.....e la guida a questo punto ci ha spiegato che sotto le sedute c'era una reticella di ferro, affinché i prigionieri stremati dalla fame non potessero frugare fra gli escrementi alla ricerca di una qualsiasi cosa da ingurgitare, di una qualsiasi cosa da inghiottire, ....di qualsiasiiiiiiiicccccosaaaaaaa! ahhhhhhh! Aiuto…......Aiuto!
Ecco....lì ho avuto bisogno di aiuto, mi sono dovuto fermare, non ce l'ho fatta ad andare avanti e, senza ritegno, ho pianto...., poi ho smesso di singhiozzare, mi sono ripreso ed ho continuato il mio lungo cammino nella memoria della Shoà fino all'uscita del campo, con attorno a me centinaia e centinaia di ragazzi e persone che camminavano, piangevano e parlavano e che, ne sono certo, pensavano le parole: “orribile ed incredibile”, “tremendo ed irripetibile” “infinitamente mostruoso”, mentre io ripensavo intensamente a quello che per tanti anni è stato il mio grande dubbio:Dio mio, TU dov'eri? Dio degli Ebrei, TU dov'eri? Dio del POPOLO ELETTO, in quei momenti, in quei giorni, in quegli anni orrendi...TU dove guardavi? Quale orribile peccato possono avere mai compiuto i nostri avi per fargli TU subire questo immenso orrore, ripetuto infinite volte per milioni e milioni di inermi ed INNOCENTI figli Tuoi? Oggi, dopo avere visitato Auschwitz, questa risposta ancora non l’ho trovata. da Sullam n.25

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