sabato 23 maggio 2009

Vilnius (Vilna)

A Vilna la ferita ancora aperta fra l'indifferenza della gente

“L’indifferenza è gemella della crudeltà”, recita un aforisma turco, che è lo specchio della condizione degli ebrei lituani, nel passato come nel presente.La comunità ebraica lituana, culturalmente assai fiorente, fu quasi totalmente annientata durante gli anni del nazismo con la complicità dei volenterosi collaborazionisti lituani. A Vilna, la “Gerusalemme della Lituania”, nel cui territorio si trovavano un centinaio di sinagoghe, oltre a numerose Yeshivot e centri culturali, rimase in piedi solamente una sinagoga, che si salvò dalla distruzione solo perché scambiata dai nazisti per un magazzino. Visitando Vilna ai giorni nostri, si ha la sensazione che ad essere scomparsa dalla città non sia solamente gran parte della popolazione ebraica, ma anche ogni traccia della sua memoria storica. All’unica sinagoga rimasta in piedi non è praticamente dedicato nessuno spazio nelle guide turistiche, e di segnaletica per raggiungerla neanche a parlarne. Solo sulle mappe stradali, e nemmeno su tutte, è possibile notare una piccola stella di David in mezzo a centinaia di croci. Molto pubblicizzato è un Museo del Genocidio; solo che si tratta del museo delle vittime del KGB e non di quelle dei nazisti, come si potrebbe istintivamente pensare. Una volta raggiunta la sinagoga, senza grande collaborazione da parte della popolazione locale (e non è solo un problema di comunicazione legato alla lingua), la sensazione di disagio aumenta. La sinagoga è localizzata leggermente al di fuori del centro storico, peraltro molto bello, pittoresco e ben curato, ed è dunque lontana dai flussi turistici tradizionali; è circondata da palazzi in stato di semi abbandono con le facciate scrostate e le strade sporche e dissestate. Le finestre della comunità ebraica, a poca distanza dalla sinagoga, ogni tanto vengono affrescate dai soliti imbecilli con svastiche, stelle di David appese a forche e amenità simili, che, nell’indifferenza dei passanti, restano lì per giorni prima che una qualche autorità cittadina intervenga mandando qualcuno a cancellarle. Non è un fatto isolato, comunque, visto che sono molti i gruppi neonazisti lituani nati in questi ultimi anni (con relative manifestazioni pubbliche), favoriti da una certa indulgenza governativa e dal fascino esercitato da forti correnti negazioniste. Passeggiando tra i vicoli caratteristici del centro, tra gallerie d’antiquariato e locali turistici, si avverte una sensazione di disagio pensando che quello, una volta, era l’animato quartiere ebraico di Vilnius, abitato da quasi 80.000 persone. E il disagio aumenta quando si chiede qualche informazione (perché targhe o lapidi commemorative non se ne vedono): le persone di una certa età, quelle che dovrebbero avere una memoria storica, se interpellate, o non rispondono oppure rispondono scontrosamente, quasi che abbiano voluto rimuovere il passato, manifestando indifferenza se non addirittura fastidio a sentirselo ricordare. I giovani, poi, sembra che siano del tutto all’oscuro del passato. Infine, le autorità locali si sono dedicate ad un’opera di maquillage dell’esterno dei palazzi, delle vie e delle piazze del centro, cercando di dimenticare e far dimenticare il ricordo di questo scomodo passato, forse anche per non causare fastidiosi turbamenti agli attuali inquilini e passanti. Mentre nel resto dell'Europa, alla fine del conflitto, si è cercato di valorizzare ogni più piccola traccia della presenza ebraica prebellica, in Lituania è accaduto l'esatto contrario. Sotto il dominio sovietico, infatti, laddove sorgeva la Grande Sinagoga di Vilnius è stato costruito un asilo infantile, mentre al posto dell'unico cimitero ebraico, dove si trovava la tomba del celeberrimo Gaon, è stato costruito uno stadio di calcio. D'altronde queste sono profanazioni che si stanno ripetendo continuamente negli ultimi anni. Basta per esempio pensare alla discoteca costruita vicino al lager di Auschwitz ("Le atrocità appartengono al passato", la sbalorditiva giustificazione). Tutto questo nonostante lo sforzo della comunità ebraica che, con notevole dispendio di risorse, cerca di diffondere e comunicare la cultura e le radici ebraiche della Lituania attraverso tutti i mezzi di comunicazione possibili, compreso un interessante sito web sulla storia della comunità locale.Al visitatore non ancora sazio di rancore e malinconia è suggerita vivamente una visita a Panierai, località nelle vicinanze della capitale, dove si trova un memoriale dedicato alle vittime della furia nazista. A Panierai i contrasti tra bellezza del luogo e orrore si acuiscono ancora di più. Questo piccolo villaggio si trova in mezzo ad una verdissima e rigogliosa foresta d’alto fusto. La natura incontaminata nasconde un passato orribile. Qui furono massacrati quasi tutti gli ebrei di Vilnius, gli ebrei dei villaggi della vicina Bielorussia e molti oppositori politici. Camminare per le strade del villaggio è un’esperienza emotivamente molto forte. Gruppetti di abitanti del luogo camminano senza una meta, con in mano bottiglie di vodka, già palesemente ubriachi alle 9 di mattina. Ovviamente di cartelli del memoriale delle vittime neanche l’ombra. Eppure si trova a soli 500 metri dalla stazione ferroviaria. Chiedere a qualcuno del posto dove si trovi il sito ed ottenere risposta è ovviamente impossibile, la collaborazione è difatti nulla. Spesso si ottiene come risultato un sorrisetto ironico e si sente mormorare alle spalle la parola Zydow, che significa ebreo. Dopo avere trovato in qualche maniera la strada, si arriva al memoriale, che è praticamente un parco pubblico dove gruppi di ragazzotti con la testa rasata si ritrovano a bere e bivaccare ed anziane signore portano i loro cani a passeggiare. Quasi casualmente ci si imbatte in qualche cartello. Sul bordo del fossato dove i prigionieri, a dieci per volta, venivano assassinati nudi con un colpo alla nuca, mentre gli altri, in fila, aspettavano il loro turno, c'è un'iscrizione commemorativa. Le guardie lituane erano gli esecutori, i tedeschi i coordinatori e organizzatori del massacro. Gli abiti e i beni depredati alle vittime erano la ricompensa che si prendevano i volenterosi assassini e che, di ritorno a Vilnius, dopo la faticosa giornata lavorativa, barattavano con vodka e danaro con i disponibili abitanti del vicino villaggio. C’è un minuscolo museo in mezzo al parco con foto e documentazioni sulle vittime: il museo risulta aperto quando arriviamo, però dobbiamo suonare il campanello per entrare. Il custode accoglie noi solitari visitatori in canottiera e ciabatte.Adam Smulevich www.moked.it/

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