giovedì 5 novembre 2009

"Il Papa e il Diavolo", il rapporto fra Chiesa e Terzo Teich


È un testo scabroso, quello di Hubert Wolf, lo suggerisce già il titolo: “Il Papa e il Diavolo”. La presentazione è avvenuta a Torino, nella prestigiosa cornice del Circolo dei lettori a cui è intervenuto, insieme all'autore, l'ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Mordechay Lewy. Dopo il saluto dell'assessore alla cultura del comune di Torino, Fiorenzo Alfieri, e due brevi interventi dei presidenti degli enti organizzatori dell'evento, Tullio Levi per la Comunità Ebraica di Torino e Silvia Pons per l'Amicizia Ebraico-Cristiana, è l'autore stesso a presentare, con un'esauriente lezione, la sua ricerca. “Oremus et pro perfidis judaeis”, esordisce Wolf, illustre storico della Chiesa, professore all'università di Münster, ricordando la discussa formula della preghiera del venerdì santo. Il tema centrale del suo studio è “il carattere giudeofobico dell'istituzione ecclesiastica”, e in particolare il professore insiste nel considerare la complessità della questione, complessità compresa solo con una minuziosa e distaccata indagine storica sui documenti dell'Archivio Vaticano recentemente tornati accessibili. Lo scrittore ribadisce più volte che “l'ossessione degli storici sulla figura di Pio XII ha impedito di fare chiarezza sui contrasti interni alla Chiesa, e ha appiattito punti di vista diversi ed opposti che convivevano e si combattevano negli ambienti vaticani”.“Ci sono dati storici incontrovertibili – continua Wolf - come la firma del concordato col Terzo Reich nel 1933, primo trattato internazionale della Germania nazionalsocialista, e le mancate condanne del boicottaggio dei negozi di ebrei, delle leggi di Norimberga e della Notte dei cristalli. Su tutti la mai avvenuta scomunica di Hitler. Ma questo non deve far dimenticare che anche dentro la Chiesa c'era chi la pensava diversamente.” Wolf fa riferimento in particolare alla Opus sacerdotale Amici Israël, un'associazione internazionale nata a Roma nel febbraio del 1926 per promuovere all'interno della chiesa cattolica un atteggiamento favorevole agli ebrei. Vi aderirono diciannove cardinali, duecentosettantotto vescovi e tremila preti, propose una riforma liturgica per modificare la famosa formula del venerdì santo: lapidaria la risposta di Pio XI : “nihil innovandum est”. “Il pontefice non seppe – secondo Wolf - cogliere una grande chance d'inversione per la politica ambigua tenuta dalla Chiesa nei confronti degli ebrei”."Si tratta di un capolavoro della letteratura storiografica sulla Chiesa”, osserva Mordechay Lewy, a margine della conferenza con chi si trattiene per scambiare ancora qualche parola. Non risparmia i complimenti l'ambasciatore. Elogia soprattutto la metodologia, seria e teutonicamente minuziosa: “è sempre sbagliato, nelle ricerche storiche, farsi guidare dall'emotività: lo storico è come un chirurgo, deve usare la stessa precisione” - sostiene con decisione - "Quello di Wolf è davvero un lavoro che apre gli occhi”, un percorso storico sui luoghi comuni dell'antisemitismo e dell'approccio della Chiesa a questi ultimi. Eccellenza, guardando al presente, come giudica gli sforzi della Chiesa e quelli della Comunità ebraica per raggiungere l'obiettivo di una pacifica convivenza?“Mi pare che si vada sempre verso netti miglioramenti: la visita del Pontefice alla sinagoga di Roma, in programma per gennaio 2010, dev'essere intesa come un grande passo avanti. Si dovrebbe guardare, nonostante le episodiche incomprensioni, alla continuità che si sta cercando di costruire: la visita di Benedetto XVI s'inserisce in una tradizione inaugurata nel 1986 da papa Wojtyla, e l'auspicio è che che questa tradizione possa avere, in futuro, un ruolo determinante nei rapporti tra le due sponde del Tevere. Dobbiamo essere capaci di vivere vicini anche senza essere d'accordo su tutto: questo è il significato che do alla parola convivenza.”Manuel Disegni http://www.moked.it/

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