sabato 28 novembre 2009



Moshe Dayan

Una cosa è certa: quando il 5 giugno 1967 l’artiglieria giordana incominciò a tirare dalla collina subito a sud di Gerusalemme sulle residenze universitarie dove mi trovavo, mai mi sarei immaginato che più di 42 anni dopo la questione della pace e dei confini di Israele sarebbe rimasta ancora irrisolta. Moshe Dayan voleva restituire tutti i territori in cambio di una telefonata, che mai arrivò. Né avrei potuto pensare che pochi mesi dopo quella micidiale collina sarebbe stata incorporata nel municipio di Gerusalemme; che lì sarebbe sorto il nuovo quartiere di Gilo; e che una delle strade sarebbe stata dedicata alla memoria di mio nonno, Rav Raffaello Della Pergola, uno dei fondatori dell’Università sul Monte Scopus. Ora, 42 anni dopo, quella stessa collina viene dichiarata da qualcuno territorio occupato e ostacolo al conseguimento di una pace giusta e duratura nel Medio Oriente. Il dibattito sulla politica del conflitto è complesso e va affrontato con cautela e conoscenza di causa. Curiosamente, a volte il discorso si rianima, sembra scoprire o inventare qualche elemento nuovo che crea il pretesto per ampie analisi di fondo. Salvo poi accorgersi che non è questo il punto, il dato non era vero, la cosa era arcinota, l'episodio irrilevante, o addirittura mai avvenuto. È appunto il caso della polemica dei giorni scorsi fondata su una non-storia come le nuove case in costruzione a Gilo. Se non c'è la pace in Medio Oriente, certo non è per via delle case di Gilo. D’altra parte, se Gerusalemme è riuscita a farsi coinvolgere in questa polemica, vuol dire che la sua capacità di gestire il discorso politico va radicalmente ripensata. Tanto più che dietro l’angolo, pronti a criticare, ci sono in attesa molti nemici, e talvolta anche alcuni amici. Sergio Della Pergola,Università Ebraica di Gerusalemme, http://www.moked.it/

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