martedì 9 febbraio 2010
Hezbollah è sempre più forte e prepara un nuovo conflitto con Israele
Durante la recente visita ufficiale della delegazione italiana in Israele, il Presidente Berlusconi ha offerto al governo di Gerusalemme i buoni uffici dell’Italia nei confronti di alcuni paesi arabi e musulmani, in particolare Turchia, Siria, e, soprattutto, Libano. Quest’ultimo, in effetti, sta attraversando una fase particolarmente delicata, e sembrerebbe essere arrivato ormai ad un punto di rottura. Le informazioni che arrivano da Beirut non sono delle più incoraggianti, soprattutto considerando le alte aspettative che la vittoria della coalizione “14 marzo”, filoccidentale, aveva suscitato. Ci sono purtroppo numerosi segnali che indicano il continuo rafforzamento militare e politico di Hezbollah, cosa che non deve preoccupare soltanto Israele, ma anche molte potenze occidentali (e soprattutto l’Italia, vista l’importante presenza delle nostre truppe nell’area).Non è un caso, ad esempio, che si sia tenuto proprio a Beirut l’ultimo “Arab and International Forum for Supporting the Resistance”, il Forum organizzato dall’Arab Center for Communication and Solidarity, sull’esempio di altri eventi dello stesso genere dal Jerusalem Forum tenutosi ad Istanbul nel 2007 al Right to Return Forum di Damasco nel 2008, fino al Forum for Supporting Sudan di Khartoum nella primavera del 2009. In questa occasione, ospiti dello sceicco Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah, si sono riuniti i leader di 42 paesi ed organizzazioni arabe, da Khaled Meshaal, capo di Hamas, al vicepresidente iraniano Mohammed Reza Mir Tajeddini, dal responsabile del partito Ba’ath nella regione Shahinaz Fakoush, all’ex primo ministro libanese Salim al-Hos, e molti altri, con la benedizione dei presidenti iraniano, Mahmud Ahmadinejad, e siriano, Bashar al-Assad, che non hanno fatto mancare il loro messaggio di auguri ai partecipanti.Il Forum ha avuto lo scopo di ribadire la necessità di “supportare la resistenza palestinese e libanese contro l’occupazione sionista e la resistenza irachena nella sua lotta contro l’occupazione americana”. In tre giorni si è potuto assistere al solito spettacolo fatto di minacce contro Israele e propaganda antisemita, con l’aggravante che l’incontro è stato ospitato in una sede ufficiale, il palazzo dell’UNESCO, l’agenzia delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura. In tale consesso le minacce di Nasrallah sono risuonate forti e chiare: “Ve lo prometto, quando (quando, non se n.d.r.) scoppierà la nuova guerra contro i sionisti noi sconfiggeremo il nemico, usciremo vincitori dal conflitto e cambieremo faccia a questa regione. Il futuro è fatto di resistenza, dignità e libertà. InshAllah (Dio volendo n.d.r.) Israele è sulla strada della sparizione, insieme alla sua occupazione, alla sua egemonia ed alla sua arroganza”. Parole che non possono non preoccupare, soprattutto se si considerano anche altri inquietanti segnali che vengono dal Partito di Dio.All’inizio di dicembre, infatti, Nasrallah ha presentato il nuovo manifesto di Hezbollah, nel quale vengono ripresi e sviluppati molti dei punti della cosiddetta Open Letter del 1985, il documento fondativo del movimento. Il manifesto si compone di tre capitoli, il primo dei quali, intitolato “Dominazione ed Egemonia” è dedicato alla ricostruzione (naturalmente dal punto di vista di Hezbollah) della storia della regione dalla Seconda Guerra Mondiale ai giorni nostri. Ma la parte più interessante è rappresentata dal secondo capitolo, intitolato semplicemente “Libano”. In esso si evidenzia la strategia politica interna di Hezbollah, che mira a riaffermare la propria autonomia e la propria dualità rispetto al legittimo governo di Beirut e, soprattutto, rispetto alle forze armate libanesi, rivendicando il proprio ruolo di forza di “resistenza” contro il regime sionista.“Israele rappresenta una eterna minaccia per il Libano – come Stato e come entità – ed un pericolo reale per il paese”, recita il nuovo manifesto di Hezbollah, che sottolinea “la resistenza continuerà a svolgere un ruolo necessario fino a quando la minaccia e le ambizioni di Israele continueranno”. La conclusione non lascia molti dubbi: “Noi rigettiamo categoricamente ogni possibilità di raggiungere un compromesso con Israele, e tantomeno di riconoscere la sua legittimità. Questa posizione è definitiva, perfino se tutti riconoscessero Israele”. Ma al di là delle rinnovate minacce verso il popolo ebraico, la vera novità è rappresentata proprio dalla strategia politica interna che si evince leggendo il documento. Come ha giustamente rilevato Tony Badran , research fellow al “Center for Terrorism Research” della “Foundation for Defense of Democracies”, in un recente articolo su Now Lebanon, “la sezione del documento riguardante il Libano mette in evidenza la concezione che Hezbollah ha del paese, inteso come direttamente interconnesso, sia culturalmente che strutturalmente, con la Resistenza.In altre parole, non vi è Libano senza Resistenza. L’obiettivo di Hezbollah è di integrare il resto della società nella Resistenza, non il contrario”. Per questo si illude chi pensa che coinvolgere il Partito di Dio nella vita politica e nel governo del paese, possa portare ad un affievolimento del suo carattere rivoluzionario e trasformarlo in un movimento politico democratico. Oltretutto il nuovo documento, nelle parti dedicate ai rapporti tra il Libano e gli altri stati arabi ed islamici, dimostra la volontà di Hezbollah di fungere da esempio per tutti i paesi e le organizzazioni che vogliano abbracciare il progetto di jihad del Partito di Dio, e non è un caso se il manifesto inizia con due versetti del Corano che inneggiano proprio al jihad.Insomma, Hezbollah sembra aver fatto un salto di qualità dall’ultimo conflitto del 2006, non solo dal punto di vista militare, ma soprattutto da quello politico. Il governo libanese non sembra in grado di contrastare le milizie del Partito di Dio, come dimostra la definitiva rinuncia ad applicare la risoluzione 1701 da parte del governo di Beirut. In questo modo, però, il rischio che si arrivi ad una nuova guerra con Israele si fa sempre più grande, e questa volta il conflitto potrebbe non essere più limitato ad uno scontro tra Hezbollah e IDF. Di fronte ad un fallimento dello stato libanese, il governo di Gerusalemme potrebbe decidere di allargare lo scontro a tutti coloro che offrono copertura ai movimenti terroristi, sulla scia di quanto fatto dagli Stati Uniti in Afghanistan (dove si colpirono i Talebani per il loro appoggio ad Al-Qaeda). Secondo il Gen. Gioira Eiland ex capo del Consiglio di Sicurezza Nazionale israeliano “lo Stato di Israele ha fallito nella Seconda guerra libanese (e potrebbe fallire anche in un’altra) perché ha combattuto il nemico sbagliato. Israele si è scontrato con Hezbollah anziché contro la Repubblica del Libano”.D’altra parte il Generale Eiland sa bene che non è possibile sconfiggere un movimento come Hezbollah “finché permangono tre condizioni: l’organizzazione opera da un paese A contro un paese B; l’organizzazione ha il pieno appoggio del paese A; e il paese A, con il suo esercito e le sue infrastrutture, è completamente immune dall’offensiva lanciata dal paese B”. L’unico modo per scongiurare una nuova guerra sarebbe di isolare Hezbollah e riportare la legalità nel paese dei cedri. In definitiva basterebbe applicare la risoluzione ONU 1701, ma sembra proprio che neppure il nuovo governo Hariri ne abbia la possibilità.di Matteo Gualdi 6 Febbraio 2010 http://www.loccidentale.it/
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