martedì 9 febbraio 2010


Khamenei provoca l’Occidente: gli daremo un pugno in faccia

Con l’Iran, ormai, ogni giorno ha la sua pena. Domenica l’annuncio del presidente Ahmadinejad della decisione di produrre in patria uranio arricchito al 20 per cento (inopinato, ma che non può aver davvero sorpreso gli osservatori più attenti); ieri il discorso-sfida della guida suprema Ali Khamenei, che a pochi giorni dall’anniversario della fondazione della Repubblica islamica ha usato parole aggressive e volgari per provocare l’Occidente. «Il 22 di Bahman (l’equivalente dell’11 febbraio nel calendario persiano, ndr) la nazione iraniana, unita e con la grazia di Dio - ha detto Khamenei rivolgendosi all’aviazione militare - sferrerà un tale pugno in faccia all’arroganza dell’Occidente da lasciarlo stordito».L’insistenza di Khamenei sulla presunta unità della nazione iraniana si spiega con la nota intenzione dell’opposizione al regime di scendere in strada a manifestare proprio l’11 febbraio. Khamenei ha ripetuto le accuse alle potenze occidentali di aver orchestrato le proteste di piazza che si sono susseguite, in un crescendo di partecipazione popolare, nelle principali città dell’Iran dopo la truffaldina rielezione a presidente di Mahmud Ahmadinejad nel giugno scorso. L’intento, ha sostenuto Khamenei, era quello di rovesciare la Repubblica islamica, ma il disegno è destinato a fallire. «Il più importante obiettivo delle sedizioni post-elettorali era di creare una spaccatura nella nazione - ha detto ai militari il successore dell’ayatollah Khomeini - ma non ci sono riusciti e l’unità del nostro popolo resta una spina conficcata nei loro occhi».Un’affermazione così palesemente falsa da spingere Stati Uniti e Unione Europea a una nota congiunta nella quale si esprime «preoccupazione» per la stretta sui diritti umani che è logico attendersi nei prossimi giorni, visto che il movimento verde non ha alcuna intenzione di farsi intimidire. Il suo leader Mir Hossein Moussavi ha negato legami con potenze straniere e ha invitato a manifestare giovedì in modo pacifico. E l’ex presidente Mohammad Khatami ha detto che «tutto il popolo, come primo titolare della rivoluzione, prenderà parte alle marce, difendendo al tempo stesso la rivoluzione e i diritti umani».«Siamo particolarmente preoccupati - si legge nella nota di Washington e Bruxelles - per la possibilità di ulteriori violenze e repressioni nei prossimi giorni ed esortiamo il governo dell’Iran a rispettare i suoi obblighi internazionali sui diritti umani e a porre fine ai suoi abusi contro la sua stessa popolazione». Timori assai fondati, visto che sono oltre cinquanta gli oppositori che rischiano la forca, che negli ultimi due giorni sono finiti in prigione dieci giornalisti (che si aggiungono ai 45 già detenuti) e che una figura di primo piano come l’ex viceministro degli Esteri Mohsen Aminzadeh è stato condannato a sei anni di carcere per aver partecipato alle dimostrazioni dell’opposizione.Non cessano, intanto, le provocazioni del regime di Teheran contro Israele. Il ministro degli Esteri Mottaki ha detto ieri alla televisione panaraba Al Jazeera che lo Stato ebraico è più debole che mai e che è «un Paese folle governato da pazzi». Dobbiamo quindi, ha proseguito, «prepararci all’eventualità che Israele faccia qualcosa di folle contro chiunque nella regione: siriani, libanesi, palestinesi». In quel caso «ci schiereremmo coi nostri fratelli arabi». E se l’Iran venisse attaccato da Israele? «Siamo in grado di difenderci», ha risposto Mottaki.La domanda era pertinente, dopo che ieri Avi Pazner, portavoce del governo israeliano, ha detto che «l’Iran sta giocando un gioco molto pericoloso, sta giocando col fuoco. Ed è evidente che il tempo delle parole è finito. Per fermare il programma nucleare iraniano si deve arrivare a sanzioni economiche, ma devono essere molto dure». Al riguardo Israele, ha detto Pazner, ripone le sue speranze nella Francia, che in questo mese presiede la Commissione sicurezza dell’Onu».A proposito della prospettiva di sanzioni all’Iran da parte dei Quindici, su cui Usa e Francia sono al lavoro, il ministro degli Esteri italiano Franco Frattini ha detto che l’Italia è pronta a condividerle («siamo stanchi di politiche dilatorie, serve una pressione aggiuntiva e il Consiglio di Sicurezza è il luogo dove eventuali sanzioni vanno decise»), mentre considera l’ipotesi di un’azione militare contro Teheran «un disastro assoluto». Quanto alle minacce di Khamenei, Frattini le ha snobbate: «L’Occidente ha una storia, dei valori, non ci facciamo impressionare - ha detto -. Siamo abituati alle provocazioni iraniane. Abbiamo respinto con sdegno idee come quella della distruzione di Israele e respingiamo anche questa». 09 febbraio 2010, http://www.ilgiornale.it/

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