sabato 13 marzo 2010


anni '40: riunione di giovani in un kibbutz della Galilea

A proposito di antisemitismo - 2

Uno storico del futuro, che intendesse ricostruire le posizioni dell’opinione pubblica europea, nel secolo scorso e al giorno d’oggi, nei confronti di ebrei ed ebraismo, si troverebbe, probabilmente, in difficoltà di analisi. Nel valutare la consistenza dell’antisemitismo fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale, tale storico dovrebbe prendere atto che questo pregiudizio aveva una larghissima e palese diffusione, non solo nella Germania nazista e nei Paesi a essa alleati, ma, sia pure con diversa intensità, pressoché ovunque. Apertamente sostenuta dalla Chiesa, fatta propria da molti fra i più eminenti intellettuali europei, accolta e alimentata dal pensiero marxista e rivoluzionario così come da quello conservatore e liberale, l’ostilità contro gli ebrei, a tutti i livelli, rappresentava un sentimento del tutto rispettabile: nessuno doveva vergognarsi nel manifestarla, né nel tradurla in azioni conseguenti.Con la caduta, nel ’45, dei suoi più potenti ‘sponsor’, e la vittoria delle forze a loro antagoniste, l’antisemitismo è diventato, improvvisamente, un tabù. Esternare sentimenti antiebraici inscriveva, automaticamente, nel novero degli sconfitti, e solo pochi ‘audaci’ nostalgici, “duri e puri”, trovavano il coraggio di farlo, sfidando la generale riprovazione. La Chiesa cambiava linguaggio, un ampio repertorio di giudizi e commenti veniva escluso dall’ambito della cultura ‘ufficiale’, per essere relegato nel terreno ‘inferiore’ delle battutine da strada e da osteria.Ma, negli stessi anni in cui la vecchia Europa sembrava rimuovere dalla propria coscienza il suo antico pensiero e linguaggio, l’antisemitismo risorgeva, nel circostante mondo islamico, con straordinaria rapidità e virulenza: la pubblicistica antigiudaica si sarebbe diffusa nei mass media e nei libri di testo scolastici, i “Protocolli dei Savi di Sion”, tradotti in arabo, sarebbero stati pubblicati, e spesso regalati gratuitamente, in decine di migliaia di copie, e anche riadattati per fortunati sceneggiati televisivi. Serie testate giornalistiche - dall’Egitto alla Siria, dal Libano alla Malesia, dal Pakistan all’Iran e alla Libia - sarebbero state inondate di vignette - spesso ritagliate direttamente da Der Stürmer e altri fogli nazisti - raffiguranti ebrei torvi, col naso adunco, pronti a ghermire fanciulli indifesi e a tramare contro l’umanità. Sarebbero tornate, in chiave moderna, le leggende medioevali sui giudei che avvelenano i pozzi, o che fabbricano le azzime col sangue dei bambini musulmani e cristiani. Invano lo storico del futuro cercherebbe, sui giornali europei, qualche commento, o semplicemente qualche notizia, riguardo a tutto ciò. E non gli sarebbe facile rispondere a una domanda: l’Europa fa finta di accorgersi solo del proprio antisemitismo “di nicchia”, trascurando quello “di massa”, per viltà, o pigrizia? O, forse, nutre qualche malcelata solidarietà verso chi svolge, oggi, le sue funzioni di ieri?Francesco Lucrezi, storico, moked.it

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