mercoledì 24 marzo 2010


Rassegna stampa

Per mia personale decisione, della quale mi assumo piena responsabilità, non troverete nella rassegna di oggi commenti ad articoli pubblicati sui media relativamente alle vicende politiche della Comunità ebraica di Roma che nei giorni scorsi hanno attirato l'attenzione della stampa. Sono sempre stato dell’idea che non sia bene portare in piazza i conflitti politici interni alle comunità ebraiche perché vi è un serio rischio di delegittimare tutto l'ebraismo italiano solo per conquistare qualche piccolo vantaggio, e da questa mia idea discende la decisione di non recensire articoli che, anche nei giorni scorsi (vedansi le parole di Ovadia sul Fatto di ieri) avrei voluto non leggere.La visita di tre giorni di Netanyahu, conclusasi nella notte con l’incontro fissato solo negli ultimi giorni col Presidente Obama, è analizzata da tutti i giornali, sotto diverse angolazioni. Su Liberal Krauthammer ricostruisce le vicende partendo dalla “gaffe” commessa durante la visita di Biden e analizza la successiva “virata politica”, aggiungendo una perfetta ricostruzione di 63 anni di storia. Opposta la posizione sullo stesso Liberal espressa da Zakaria Fareed che nega la priorità del problema Iran per il governo israeliano, e scrive che Israele sarebbe “un’isola di ricchi israeliani in un mare di poverissimi palestinesi”. Su Libero Angelo Pezzana ricorda i comuni interessi strategici di Israele con molti stati arabi, a partire dall’Arabia Saudita che avrebbe promesso ai jet israeliani di concedere il proprio spazio aereo in caso di attacco all’Iran; ricorda pure i risultati della collaborazione economica tra Israele e l’Autorità Palestinese. Al contrario sul Secolo XIX Dino Cofrancesco contrappone le idee di Fiamma Nirenstein con quelle del “liberale Vargas Llosa” per concludere che Israele dovrebbe rinunciare a tutti gli insediamenti e seguire le volontà degli USA (cioè in pratica diventarne una colonia?). Sull’Unità De Giovannangeli afferma che dalla tre giorni negli USA Netanyahu esce rafforzato (dopo gli incontri col Congresso, con Biden, con la Clinton e con le varie organizzazioni ebraiche, in attesa dei risultati dell’incontro con Obama), mentre Obama ne esce indebolito. Sul Messaggero Carlo Jean osserva che Netanyahu e Obama si sono arroccati su posizioni dalle quali nessuno dei due può fare marcia indietro; ma il premier israeliano partirebbe avvantaggiato, in un’ottica futura. Sul Manifesto si parla di “un governo Netanyahu che combina nazionalismo estremo, fondamentalismo religioso e correnti razziste”, colpevole di tutto quanto succede in Medio Oriente. Anche Le Monde, dopo aver riconosciuto che Netanyahu segue democraticamente il mandato ricevuto dai suoi elettori, e anche sotto molti aspetti la politica di tutti i governi che lo hanno preceduto, trova parole severe in un’analisi che prevederebbe, in prospettiva, solo la possibilità di una politica di apartheid. Sul Sole 24 Ore Tramballi scrive che non è solo un problema politico che divide Israele dagli USA, ma anche di soldi. Inoltre per lui tutte le colline attorno a Gerusalemme sono arabe; in vista di una immaginata (così appare) espulsione futura degli arabi di Gerusalemme, si chiede che cosa si possa fare di quel terzo di abitanti di Gerusalemme che sono arabi. Perché non va a Haifa a vedere come gli arabi possano convivere tranquillamente con gli ebrei? La decisione del ministro degli Esteri inglese Miliband di espellere un diplomatico israeliano (senza che si preveda una analoga ritorsione israeliana), è analizzata da tutti i quotidiani. Di gabbia diplomatica parla Il Foglio, che allarga il discorso a quanto è successo a Budapest dove è stato ucciso un siriano. Vi sarebbe nei governanti occidentali il desiderio di sostituire Netanyahu con Barak o con Tzipi Livni (ma si dimentica che i tre hanno, sugli argomenti in questione, una posizione molto simile). Da leggere, in questo articolo, la descrizione di tutto quanto fatto dal governo Netanyahu di positivo, e sono ricordate anche le parole della Clinton che aveva definito questi atti “senza precedenti”; tutto già dimenticato? Su Avvenire si afferma che gli islamici di Londra considerano l’espulsione del diplomatico israeliano un passo importante ma non ancora sufficiente. Sul Corriere Cavalera ricorda che i passaporti perfetti non possono che essere stati realizzati da un servizio segreto straniero (e chissà poi perché questa sicurezza; basta un amico nell’ufficio giusto, che tutti possono trovare) e torna al precedente del rapimento a Roma di Mordechai Vanunu. Per il Financial Times che Israele sia colpevole dell’uccisione del terrorista di Hamas non può essere affermato categoricamente, e aggiunge che tutte le precedenti espulsioni, a differenza di quest’ultima, erano state legate a crimini seri. Herald Tribune allarga il discorso alle due esistenti centrali nucleari di Israele, alla supposta arma nucleare già in mano israeliana (e quando mai l’avrebbe testata? Israele in tal caso sarebbe l’unica potenza al mondo a disporre di un’arma nucleare senza aver mai fatto alcun test), e ad un programma di costruzione di una nuova centrale per produrre energia elettrica partendo dall’uranio. Sul Corriere Sergio Romano risponde ad un’intelligente osservazione di Fabio Della Pergola su Israele “stato ebraico”, fronteggiato da tanti “stati arabi”, sfuggendo, con la sua solita abilità, alla domanda per nascondere tutto quanto contrasta con le sue idee di politico filoarabo. Sempre sul Corriere viene presentato il nuovo Presidente dell’UCOII Izzedin Elzir, un palestinese che si è espresso con parole condivisibili; speriamo che sia l’inizio di una nuova stagione, almeno in Italia. E apprezzabile, sempre sul Corriere, la descrizione della visita fatta dal principe Boncompagni Ludovisi nel negozio di ebrei dove suo figlio, il principe Bante, avrebbe profferto, di ritorno dalla Palestina, gravissime frasi antisemite. Ancora da leggere il lungo articolo su L’Osservatore Romano dal titolo: Martirio dei Cristiani d’Oriente nell’indifferenza generale. Ma chi è stato indifferente, fino ad oggi? Posso tranquillamente affermare che il sottoscritto, e tanti di coloro che seguono attentamente le evoluzioni nel Medio Oriente, da tempo sollecitano l’occidente, e anche la Chiesa, a non tacere su quanto sta avvenendo giorno dopo giorno. Ma sempre tutto passa sotto silenzio, anche per le autorità della Chiesa, come, nei giorni scorsi, tanti altri episodi di violenza contro cristiani, e la stessa chiusura della radio cristiana di Betlemme decisa dalla Autorità Palestinese.Nei giorni scorsi abbiamo assistito ad una serie di dichiarazioni fatte dal Segretario Generale dell’ONU Ban Ki Moon: a Ramallah ha duramente attaccato le costruzioni “illegali” annunciate come prossime a Gerusalemme, A Gerusalemme, di fianco al Presidente Peres, ha invitato Hamas a sospendere il lancio di razzi verso Israele e a liberare Gilad Shalit. A Gaza ha duramente attaccato la chiusura delle frontiere di Gaza decisa da tempo da Israele (senza ricordarne le motivazioni). Il minimo che si possa dire è che Ban Ki Moon ha aspettato troppo a lungo prima di recarsi nel luogo del conflitto del Medio Oriente, e che, quando parla, è come una bandiera al vento: secondo il luogo nel quale si trova dice quello che chi gli sta di fianco desidera ascoltare. A mio parere è la dimostrazione di quanto in basso sia scesa la Organizzazione che lui dirige.Emanuel Segre Amar http://www.moked.it/

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