mercoledì 20 aprile 2011



I coloni israeliani vittime di serie B

Le verità scomode scompaiono dai giornali Ignorato l'arresto dei palestinesi assassini di Itamar.
Autocensura. Meglio non far conoscere la ferocia degli «amici». I palestinesi, per molta stampa italiana, sono solo vittime. Infatti quando, come è accaduto per il massacro di Itamar vengono arrestati due palestinesi rei confessi di aver sgozzato tre bambini, uno in culla, è meglio ignorare la notizia. Soprattutto se questa arriva dopo l'altra verità scomoda: la morte di un italiano che ha sposato la causa di Hamas, ucciso a Gaza per mano degli uomini di Hamas. La questione israelo-palestinese è complessa e non a caso è un conflitto tra i più lunghi della storia moderna. È lecito schierarsi. Coraggiosa la scelta di Vittorio Arrigoni che, coerente con le sue idee, ha deciso di stabilirsi a Gaza City e condividere le difficoltà dei palestinesi. Meno rispetto ha l'ipocrisia di coloro che sono pronti a puntare il dito e intingere la penna nell'inchiostro dell'odio a senso unico. In uno stato di guerra permanente è difficile fare distinguo, ma è altrettanto vero che la barbarie va condannata. E la strage della famiglia Fogel nell'insediamento di Itamar rientra in questo ambito. Non è stato il lancio di razzi per rispondere all'occupazione israeliana a ucciderli. Non è stato un conflitto a fuoco tra miliziani e soldati della Tsahal. La strage di Itamar è stata l'azione brutale di due studenti di 18 e 19 anni che volevano diventare «shahid». Due palestinesi che vivevano nella West Bank che sognavano di diventare mujaheddin, guerrieri santi. Uccidendo tre «pericolosi» israeliani di tre mesi, quattro e undici anni. Una verità scomoda che racconta la ferocia e la violenza cieca, tranquillamente ignorata dalla stampa italiana. Appena un accenno alla fine dell'articolo su Arrigoni ne Il Messaggero. Gli altri quotidiani, da Repubblica, a Stampa, a Unità e al Corriere della Sera l'hanno ignorata. L'ha ignorata anche Il Giornale sempre pronto a schierarsi a favore di Israele. A volte la scelta di campo è tutta italiana. Fa parte dei giochi di potere e delle fazioni di casa nostra. E si perde la capacità di testimoniare i fatti. Così come la vicenda di Vittorio Arrigoni perde spazio sulla stampa libera e intellettualmente superiore. È difficile raccontare cosa si celi dietro certe morti assurde, seppur in una regione del mondo dove l'odio è il nutrimento quotidiano. La Palestina di Hamas non è quella dell'Anp. C'è chi cerca il dialogo e chi vuole cancellare Israele. E poi ci sono i qaedisti che sognano l'Emirato di Palestina prodromo del ritorno del Califfato in tutta la Mezzaluna fertile. Un tuffo nel Medio Evo in nome dell'interpretazione distorta del pensiero di Maometto. Gli amici italiani della Palestina, di Gaza, cosa pensano dei diritti delle donne nella Striscia? Delle libertà individuali? Gli universitari a fine marzo hanno tentato una protesta a Gaza City sull'onda della Rivoluzione dei gelsomini: la polizia di Hamas li ha malmenati e arrestati così come fa quella del dittatore Assad in Siria o Gheddafi in Libia. Ma è meglio ignorare. I rapitori di Vittorio Arrigoni lo hanno accusato di introdurre a Gaza «costumi occidentali» e la «modernizzazione». Tra l'altro Arrigoni era animatore di un gruppo di giovani palestinesi su Faceboook e i salafiti di Gaza poco tempo fa hanno distrutto alcuni internet point. Nella Striscia della milizia islamica il traffico di droga, di farmaci e di aiuti internazionali è il business più diffuso. Abu Khaled, l'uomo indicato come il trafficante di uomini che tiene prigionieri centinaia di eritrei nel Sinai, è un uomo di Hamas: controlla una rete di tunnel tra Gaza e l'Egitto, rilascia interviste da Gaza. Questi sono i personaggi che ispirano i giovani palestinesi a uccidere i bambini e lanciare razzi contro gli scuolabus. Il mito del kamikaze viene inculcato sin da piccoli. Un esempio? «Lotta con il martirio perché il martire è l'essenza della Storia»: con questa frase dell'ayatollah Khomeini prende il via un filmato di 52 minuti, prodotto da Hezbollah, dove si esalta la figura del «kamikaze» dove si vedono ragazzini di 7-8 anni con dei kalashnikov in mano. Ieri si celebrava Pesach, il passaggio dalla schiavitù verso la libertà. Un sogno per tanti in Medio Oriente. Non li aiuta un Occidente che racconta mezze verità. Maurizio Piccirilli 19/04/2011http://www.iltempo.it/

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