venerdì 2 dicembre 2011


Generazioni

Come ha ricordato rav Gianfranco Di Segni - in una breve nota esplicativa, apparsa su Pagine Ebraiche di novembre – la parola toledòt, “generazioni”, assume, nella Torah, un significato particolarmente importante, dal momento che è proprio attraverso il susseguirsi delle toledòt che prende forma il divenire dell’universo (Genesi 2.4: “toledòt del cielo e della terra”, nel probabile senso di “origini”), poi del genere umano (toledòt di Adamo [Genesi 5.1] e poi di Noè [6.9]), e, infine, del popolo ebraico, generato da Abramo, Isacco e Giacobbe (toledòt è, appunto, il titolo della parashah del Bereshìt dedicata alle vicende di Giacobbe ed Esaù). Nel prosieguo del testo biblico, spiega ancora il Rav, la parola va ad allargare il proprio senso, acquistando il più ampio significato, presente nell’ebraico moderno, di “storia”. Toledòt am Israel, quindi, è la storia del popolo d’Israele. Ma, anche nell’ebraico moderno, in tale parola continua sempre a risuonare un’eco del senso primigenio, dal momento che il concetto di ‘storia’ conserva un’accezione fortemente ‘umana’, rimandando non a un ‘neutro’ e astratto susseguirsi di anni, date e vicende, ma al concreto avvicendarsi delle vite vissute dagli uomini: di tutti gli uomini, uno per uno, che, col loro vivere e agire, hanno, in qualche modo, contribuito (da protagonisti o comparse, da vittime o carnefici, con le loro opere, le loro colpe e le loro sofferenze) al formarsi dell’incessante flusso delle toledòt.Non a caso proprio la traduzione in italiano di questa parola è stata scelta per dare il titolo a un pregevole romanzo, scritto da Gabriele Rubini, che, oltre a rappresentare un godibile testo di narrativa, può essere considerato a pieno titolo – per l’accuratezza della documentazione, la precisione dei riferimenti, la verosimiglianza dell’ambientazione – un vero e proprio testo di storia: Generazioni. 1881-1907 (Phasar, Firenze, World Hub Press, pp. 648).Attraverso l’avventurosa e drammatica saga di cinque famiglie ebraiche, l’autore ricostruisce le tragiche vicende che hanno scosso, a cavallo tra il XIX e il XX secolo, l’ebraismo europeo, lacerandone le millenarie abitudini, per sospingerlo (sull’onda delle violente ondate antisemite, ma anche di nuove, inedite speranze di riscatto e rigenerazione) verso inesplorati e rischiosi lidi, chiamati emancipazione, emigrazione, rivoluzione, sionismo. Strade spesso dolorosamente divaricate, comportanti drammatiche rotture familiari, abbandoni senza ritorno, cocenti delusioni, irrimarginabili ferite.Intrecciando sapientemente – nella tradizione del miglior romanzo storico - vicende inventate e reali fatti storici (dall’assassinio dello zar Alessandro II alla prima Aliyah, dal Risorgimento italiano all’affaire Dreyfuss, dal caso Mortara ai primi conflitti tra ebrei e arabi in Palestina), Rubini mette il lettore di fronte ad alcuni passaggi fondamentali della storia europea sullo scorcio tra Otto e Novecento; al primo, incerto compiersi di scelte che avrebbero poi determinato conseguenze di incalcolabile portata. Con la solidità di puntuali dati documentali, permette di riconsiderare fallaci “verità acquisite” (per esempio, quella secondo cui l’idea sionista sarebbe iniziata solo con Theodor Herzl, anziché, molto prima, con Moses Hess, il cui Roma e Gerusalemme, del 1962, precede di ben 34 anni Der Judenstaat) e, con la suggestione dell’invenzione, dà alle sue pagine la forza, il sapore e il colore della storia ‘vera’. D’altronde, come ebbe a dire il grande storico Eduard Meyer, è proprio all’immaginazione che, nella conoscenza storica, va assegnato il compito ultimo di “scoprire la verità”; le stesse fonti storiche antiche, dalla Bibbia a Tito Livio, rappresentano, in grande misura, forme di racconto, di invenzione fantastica, al pari dei racconti su di esse costruiti nelle età successive (tanto che, a proposito delle Memorie di Adriano, della Yourcenar, ci si è addirittura chiesto, sul filo del paradosso, se, e in che misura, esse possano essere ormai considerate alla stregua una vera e propria ‘fonte’ di storia romana); ed è comunque un dato di fatto che molta parte della narrativa del Novecento è anche, spesso, ottima storiografia del Novecento. Se ciò vale in generale, ci sembra valere particolarmente per la storia ebraica, almeno per chi voglia appunto intenderla, ‘biblicamente’, come storia di toledòt, di uomini veri: cosa sapremmo mai di essa senza i fratelli Singer, Fred Uhlman, Leon Uris, Amos Oz, Abraham B. Yehoshua, Vasilj Grossman?Un libro da leggere, dunque, e su cui riflettere. Francesco Lucrezi, storico http://www.moked.it/

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