mercoledì 11 gennaio 2012

Voci a confronto

Le elezioni israeliane sono previste nel prossimo anno, ed un editoriale pubblicato sul Foglio ne rivela i preparativi partiti fin da ora: il ministro della difesa Barak passerebbe al partito di Netanyahu, il popolarissimo giornalista televisivo Yair Lapid scenderebbe in politica (già suo padre ebbe un forte successo personale nel 2003) creando un nuovo partito che potrebbe sottrarre a Kadima tra 15 e 20 seggi, ed il padre di Gilad Shalit, Noam, si candiderebbe coi laburisti, dei quali possiede la tessera fin da ’96, sfruttando la fama raccolta nei terribili anni della prigionia di Gilad.Una breve pubblicata su Avvenire riporta le cifre delle nuove costruzioni oltre la linea verde, pur riconoscendo che sono “non nuove in assoluto”; essendo state diramate da Peace now, vanno comunque divulgate perchè, mentre è in corso il tentativo “giordano” di sbloccare i negoziati, si vuole far credere che Israele gioca contro. Nella breve c’è spazio anche per scrivere di “Gerusalemme est, la parte a maggioranza araba della Città Santa”; ci vorrà ancora molto tempo per far capire al mondo che finalmente Gerusalemme è una città unica per ebrei, arabi e cristiani, nell’attesa che, eventualmente, possa essere anche la capitale di un futuro Stato palestinese”. A questo proposito segnalo la breve pubblicata sul Tempo, il cui contenuto, al momento, non appare del tutto chiaro a chi scrive: Sabri Ateyeh, già da 4 anni rappresentante in Italia dell’ANP, ha presenziato le sue credenziali al Presidente Giorgio Napolitano come Ambasciatore della Missione Diplomatica Palestinese.Sembra voler non comprendere le preoccupazioni e le pesanti responsabilità di Tsahal Marc Henry che, sul Figaro, parla dell’aumento di 780 milioni di dollari previsti nel nuovo bilancio israeliano per le spese militari; a parte il fatto che spesso gli investimenti militari israeliani hanno poi anche delle ricadute industriali positive per il paese, quegli impératifs de sécurité scritti in corsivo a fine articolo sembrano essere una incomprensibile presa di distanza. Tra l’altro il Figaro omette di parlare dell’aumento in favore della scuola materna previsto nello stesso bilancio preventivo, e al contrario riportato da le Monde nell’articolo di Laurent Zecchini dedicato allo stesso argomento: i bambini potranno godere di nidi gratuiti a partire dall’età di 3 anni, e non solo a partire dal quarto anno.David Harris su l’Opinione fa una panoramica di quanto devono sopportare le popolazioni non islamiche nei diversi paesi islamici, magari anche amici dell’Occidente; spesso si preferisce non vedere, ma la storia dovrebbe insegnare che tale cecità non paga mai.Il Financial Times pubblica una breve dalla quale traspare che, anche se i paesi dotati di armi nucleari sono sempre stati immuni da attacchi militari, Israele, come sostiene Tobias Buck da Gerusalemme, potrebbe essere in grado di colpire il programma nucleare iraniano anche dopo la sperimentazione della prima bomba che Ahmadinejad potrebbe sperimentare entro l’anno.La Gazzetta dello sport si occupa di Medio Oriente, e non solo di calcio o ciclismo, riportando, in una breve, alcune parole dette da Assad all’Università di Damasco ed in TV, in uno dei suoi rari discorsi pubblici; la colpa di quanto sta succedendo è dei sionisti, il paese negli ultimi mesi sta crescendo, e, prima dell’estate, con le previste elezioni (democratiche) tutto andrà benissimo. Nessuna spiegazione ai lettori? Molto più completo, su questo argomento, Lorenzo Cremonesi sul Corriere, e Antonio Panzeri che, su Libero, spiega anche che, nel frattempo, la Russia aumenta la presenza in Siria dei propri militari, e, insieme alla Cina, grazie al diritto di veto, rende impossibile qualsiasi mozione di condanna. Nel frattempo il capo della missione della Lega Araba, quel Ali al-Salem al-Dekbas troppo vicino da anni al dittatore sudanese, chiede di ritirare la missione perché non ammette che certi crimini vengano commessi sotto gli occhi della Lega Araba; verrebbe voglia di chiedergli se al contrario, dopo le leggere ferite riportate da alcuni suoi collaboratori, non sia piuttosto terrorizzato per la propria incolumità. Nonostante il fatto che la Siria sia da mesi chiusa ai giornalisti stranieri, stranamente Miriam Giannantina firma un articolo proprio da Damasco nel quale riesce ad intervistare amici ed avversari di Assad, compreso anche un giovane “alawita, dissidente e marxista” al quale è stata bruciata la casa. Davvero bravissima questa inviata, la quale tuttavia, pur parlando di “un (eventuale) futuro post Assad”, ignora in proposito le dichiarazioni del capo di stato maggiore israeliano Gantz che prevede, quando cadrà il regime di Assad, che molti alawiti scapperanno proprio in Israele e potrebbero trovare posto nel Golan. Per fortuna per i lettori del Manifesto queste affermazioni sono riportate nell’immancabile articolo di Michele Giorgio. Mi permetto di essere severo anche con Alberto Negri il quale, scrivendo su questo stesso tema sul Sole 24 Ore, al termine di un articolo privo di spunti interessanti, sospetta Israele di voler tramare chissà che cosa sul suo confine nord al momento della caduta di Assad. R. Cas, su Repubblica, rende noto che il regime siriano è arrivato a torturare perfino una bimbetta di 4 mesi, arrestata insieme al padre, il cui cadavere è stato restituito alla famiglia e mostrato su you tube coperto di evidenti tracce di violenze.You tube ha anche mostrato al mondo intero l’accoglienza tributata dal nuovo regime tunisino al capo di Hamas il quale, dopo aver visitato Egitto e Turchia, si è recato nelle principali città tunisine, accolto già all’aeroporto da centinaia di persone che gridavano “morte agli ebrei”. Isabelle Mandraud, su le Monde, scrive che, dopo la partenza di Haniyeh, che era stato spesso accompagnato nelle sue visite da Samir Dilou, ministro per i diritti dell’uomo (!), il capo del governo Hamadi Jebali ha ricevuto il presidente della locale, antichissima comunità ebraica Roger Bismuth al quale ha espresso il proprio “rincrescimento” per quanto avvenuto nel suo paese promettendo “reazioni forti e positive”.Infine una breve sul Corriere riferisce della visita fatta dal nostro ministro degli esteri Giulio Terzi al Quay d’Orsay; il prossimo 30 gennaio l’Italia riprenderà la guida della missione ONU in Libano, ma, oltre che di questo, i due ministri hanno parlato anche di Iran e delle sanzioni contro quel regime; l’Italia sembra frenare su certe decisioni, in nome dei soliti motivi economici, che alla fine, come dicevo più sopra, non pagano mai.Emanuel Segre Amar,http://moked.it/

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