sabato 28 aprile 2012

 Baharier: «Da celibato a jeep: il Qabbalessico è un pane per tutti»

La polemica «La vera Qabbalah è "ricezione", non quella paccottiglia esoterica con cui si gingillano i divi» 
U n vero qabbalista negherà di esserlo. La qabbalah è ricezione, è modalità ermeneutica. Non ha nulla della paccottiglia esoterica con la quale si gingillano divi e popstar». Haim Baharier è secco, non nasconde il disgusto per il disvalore - causato dalla società dello spettacolo - di un caposaldo della tradizione ebraica. Baharier, nato a Parigi nel 1947 da genitori polacchi reduci dai campi di sterminio, milanese da molti anni, psicoanalista, matematico, ermeneuta, conferenziere (le sue lezioni in teatro fanno sempre il pieno), sarà a Ferrara la sera di lunedì 30 per parlare dell' ultimo suo prezioso testo: «Qabbalessico», uscito da Giuntina. «Ero sul punto di chiamarlo Polenta e qabbalà: per dare fin dal titolo l' idea del libro. Tutto è meno che un trattato di qabbalismo. Sono parole, viste alla luce della tradizione ebraica. Parole comuni. Nuvola, Alcol, Celibato, Faglia, Arco, Corazza... Anche Gossip e Jeep. A ben pensarci, manca quella per me più importante: Claudicanza». E la spiega, anticipando che ne parlerà anche in televisione, ospite a metà maggio di Fazio e Saviano. «Agli inizi furono creati due Grandi Luminari. Uno dei due disse al Creatore: "Siamo due sovrani con la stessa corona, non può funzionare". "Hai ragione", rispose il Creatore, "rimpicciolisci". E quel luminare diventò la Luna, l' altro restò il Sole. Ma attenzione: diventare più piccoli non implica una diminuzione, la Claudicanza è compagna dell' uomo, deve essere una risorsa». Claudicante nell' essenza, perché vero, era un personaggio straordinario di cui Baharier parla con ammirazione. «Monsieur Chouchani, un barbone antipatico che comparve a Parigi negli anni 50. Dormiva e mangiava anche a casa nostra, come in quelle di molti altri ebrei. Parlava 130 lingue, un poliglotta alla Emile Benveniste. Avrebbe potuto sostituire docenti all' università in qualsiasi materia. Il filosofo Lévinas diceva: "Tutto quello che io so, lo sa anche Chouchani. Quel che sa lui io non lo so". Poteva parlare di Bagdad o di Mosca come se in quelle città avesse sempre vissuto. Da dove venisse, nessuno mai lo seppe. Chouchani, lo "schnorrer", il mendicante e scroccone della modernità, a un certo punto sparì nel nulla da cui era spuntato. Che cosa era venuto a fare a Parigi, con la sapiente claudicanza, la ruvida antipatia? Mendicava accoglienza, regalava stupore, profondità. Era venuto a consolare e aiutare il popolo di Israele, distrutto per i quattro quinti. Meriterebbe un libro, la storia di Chouchani. Non è stata un abbaglio, ma pura realtà». Come la qabbalà: cosa c' è di più reale del pensiero nutrito da secoli di interpretazioni, rimandi, glosse? Forse soltanto la vita stessa.  Bozzo Antonio, http://archiviostorico.corriere.it/

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