Tea
for Two - Il minotauro di Tammuz
Questo
secondo semestre universitario stava diventando una specie di tortura
cinese. Per una serie di sfortunati eventi arrivavo terribilmente in
anticipo a ogni lezione e mi trovavo a trascorrere le ore fissando il
soffitto della sala vicina al dipartimento di mondo antico
(ovviamente ad un piano sopraelevato come il Monte Olimpo) che
perdeva pezzi lentamente. Dopo qualche giorno impiegato nel vano
tentativo di studiare o di arrivare più tardi, ho preso una somma
decisione: avrei portato con me un libro. Dato il carico di dolore
che gravava sulla mia spalla tra quaderni, la collezione di
bottigliette d'acqua mezze piene ed altre cose terribilmente inutili
ma che permettono la sopravvivenza in facoltà, ho optato per un
libro di piccole dimensioni. Eccolo, con la sua copertina giallo
limone, era da parecchio che aspettava il suo turno, era stato
ineducatamente scavalcato da libroni, romanzucci e giornali. Ma lui,
come un vero signore non aveva battuto ciglio e attendeva in un
silenzio maestoso. Il minotauro di Benjamin Tammuz, poco meno di
duecento pagine e con un formato realmente tascabile (tanto da averlo
portato il più delle volte proprio in tasca). I commenti sul retro
non erano proclami strombazzanti ma piccole dichiarazioni d'amore. Il
protagonista, un agente dei servizi segreti israeliani. "Fa che
non sia giocato sulla tensione e che abbia di giallo solo la
copertina" mi ripetevo impaurita. E lui rispondeva sempre più
alle mie preghiere con una scrittura posata, discreta e allo stesso
tempo intarsiata come una stoffa preziosa. L'agente incapace di amare
se non in una situazione estrema e irrealizzabile rispecchiava in
qualche modo questi versi di Bukowski (no, non ho mai scritto le sue
poesie sui muri!): "C'è al mondo una così grande solitudine
che la puoi vedere negli scatti lenti delle lancette di una sveglia,
gente così stanca, mutilata d'amore e disamore". Tammuz
infierisce sui personaggi e poi li culla. Sono tutti un po'
Minotauro, un po' Arianna in un labirinto di emozioni e con un filo,
la sua penna, che intreccia delicatamente le parole tra loro. "Allora
Aleksandr guardò Lea negli occhi, per vedere se aveva capito quello
che le aveva detto. Ma quello che vide gli riempì il cuore di
stanchezza e disperazione: nei suoi occhi c'era un misto di
implorazione, affetto e abnegazione. Perché non si metteva in salvo?
Perché non se ne andava via offesa, sbattendosi dietro la porta? Se
lo avesse fatto, probabilmente l'indomani lui sarebbe andato da lei.
Invece continuava a sedergli di fronte". Israele è un'altra
protagonista, alle volte silenziosa, altre roboante. Mi ha fatto
pensare alla letteratura italiana del dopoguerra, a come per quanto
gli scrittori fossero intimisti non potevano fingere di non essere
immersi nel loro paese, nel passato e nel presente, rabbrividendo del
futuro incerto. Poi per libere associazioni mi è balenata in testa
Una questione privata di Beppe Fenoglio. La sorte del paese che
ognuno sente sopra la propria testa e la guerra interiore quando la
guerra c'è anche in strada. E l'amore che posto ha? Il libro era
terminato e una lezione totalmente incomprensibile stava per
iniziare. Ma la testa era completamente invasa da Tammuz e gli
appunti a fine giornata erano semplicemente scarabocchi
insensati.Rachel
Silvera, studentessa -
twitter@RachelSilvera2.
http://www.moked.it/
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