martedì 16 ottobre 2012
David Bezmozgis Traduzione
di Corrado Piazzetta Guanda Euro
18,50
Una
nuova tendenza letteraria sta conquistando il favore dei lettori
italiani.Sono
storie di emigrazione dalla Russia sovietica, in parte
autobiografiche, che narrano le vicende di famiglie ebree alla
ricerca del tanto agognato mondo libero, lontano dalle ristrettezze
economiche e dalla repressione del comunismo con lo sguardo rivolto a
quel sogno chiamato “Occidente”.E’
un percorso immigratorio denso di ostacoli, umiliazioni, imprevisti,
quello intrapreso dai personaggi dei romanzi di Boris Zaidman,
Vladimir Vertlib e David Bezmozgis verso la Terra Promessa oppure
verso un Paese qualsiasi disposto ad accogliere l’ebreo errante che
non ha rinunciato ad essere un uomo libero, nonostante la mancanza di
certezze per il futuro e il forte senso di estraneità che lo coglie
all’arrivo nel nuovo mondo.Dopo
lo straordinario successo della sua prima opera, un racconto a
episodi intitolato Natasha (Guanda), David Bezmozgis conferma il suo
notevole talento con il romanzo “Il mondo libero” mirabilmente
tradotto da Corrado Piazzetta.Considerato
dal New Yorker uno dei venti migliori scrittori americani under 40,
l’autore nato in Lettonia a Riga nel 1973, è arrivato a Toronto
con la sua famiglia all’età di cinque anni e nel bel libro Natasha
ha raccontato la sua adolescenza nella nuova terra.L’ultimo
romanzo dello scrittore lettone è ambientato a Roma nel 1978, una
città che “può pretendere di far parte dell’Europa soltanto da
un punto di vista geografico” e dove in una soffocante calura
approda la famiglia Krasnanskij al completo.Dopo
essere transitata per Vienna la famiglia lettone, carica di bagagli e
borse contenenti ogni sorta di ammennicoli sovietici da rivendere, si
ferma a Roma in attesa di partire per l’America e qui fin dai primi
giorni sfuma il sogno americano.La
nuova meta è il Canada, un paese scelto in pochi minuti per via del
clima rigido che ricorda la patria abbandonata.In
attesa del visto è a Roma che i Krasnanskij si arrabattano a vivere,
loro malgrado, per cinque mesi e sullo sfondo di una città caotica e
divisa si declinano le vicende bizzarre dei protagonisti, in una
commedia umana priva di pathos eroico ma arricchita dai continui
flash back del patriarca Samuil in una terra e in un’epoca ormai
lontane.I
personaggi di Bezmozgis, raccontati con lieve ironia, sono uomini e
donne infelici, disillusi, ebrei alla ricerca di una fede e di una
tradizione non coltivata, in un cammino che fin dai primi passi si
rivela segnato dall’irrimediabile perdita di affetti e di una
quotidianità passata che, bel bene e nel male, dava il ritmo alle
loro esistenze.Samuil,
il patriarca, è una figura indimenticabile. Espressione del
rammarico e della rabbia è un orgoglioso cittadino sovietico che per
seguire i figli ha abbandonato il socialismo e i privilegi di uomo di
partito per ritrovarsi a soli 65 anni umiliato da funzionari
irrispettosi e da una burocrazia che non riconosce il valore
dell’essere umano. La sua vita è ritratta con immagini forti e
racconta, senza nulla concedere al sentimento, della perdita dei
genitori, del fratello Reuven (di cui conserva gelosamente le
lettere) e degli zii assassinati nei pogrom o dai nazisti.I
figli che non capiscono il rifiuto del padre verso il nuovo mondo
sono assai diversi l’uno dall’altro: Karl, pragmatico e padre di
famiglia, desidera godere in fretta dei benefici del capitalismo
mentre Alec, un giovane di 27 anni, immaturo e vanesio, consapevole
del suo fascino maschile, guarda al mondo con mente leggera
attraverso le seduzioni femminili da cui si lascia irretire.Le
donne che costellano il romanzo sono ritratte con grande maestria e
un’accurata indagine psicologica: Rosa, moglie di Kark, è
impregnata di idee sioniste e anela a raggiungere il resto della sua
famiglia in Israele; Emma, la moglie di Samuil, solo apparentemente
figura di secondo piano, rivela un animo generoso e una forza d’animo
non comuni, Polina l’unica non ebrea, è la figura più
interessante ed enigmatica del romanzo per quell’aura di solitudine
che la pervade e per il continuo scandaglio introspettivo che la
porta ad interrogarsi incessantemente sugli errori e le decisioni
prese in un passato così vicino ma che appare ormai irraggiungibile.In
una continua contrapposizione tra le vicende, sia lecite che
illecite, che coinvolgono i Krasnanskij a Roma e i ricordi del
nostalgico Samuil sulla sua giovinezza nel paese natio di Rogozna,
dove miseria e sofferenza si mescolano al desiderio di riscatto, si
snoda l’affascinante racconto dell’emigrazione di una famiglia di
ebrei sovietici che abbandonando l’Unione Sovietica sa cosa lascia
ma non ha ancora le idee chiare di quel troverà nel tanto agognato
“mondo libero”.Con
quest’ultima opera David Bezmozgis, che è stato paragonato dai
critici a Philip Roth, ci regala una narrazione asciutta, intensa,
commovente, pervasa di ironia e umanità. E’ un affresco corale che
attraverso la storia, simile a tante altre, di una famiglia di
emigranti ebrei, ci restituisce un racconto di straordinaria maturità
letteraria confermando - come testimonia la sua biografia - che “Al
cuore di ogni opera d’arte deve esserci una perdita
irrecuperabile”.Giorgia
Greco
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