mercoledì 7 novembre 2012
I kiwi e la halva. I jeans e i ceci. Una mandria di vitelli troppo
cresciuti e perfino due zebre. Quali sono (o erano) le merci
autorizzate a transitare da Israele a Gaza? A tentare di rispondere a
quest’interrogativo è Luxuries di David Ofek, proiettato ieri sera alla
Casa del cinema di Roma nell’ambito del Pitigliani Kolno’a Festival.
Sceneggiatore, regista e produttore Ofek, che esce dalla prestigiosa
Sam Spiegel Film & Television School di Gerusalemme, si muove
con leggerezza tra documentario e narrazione in un’opera coprodotta
dalla tv israeliana che l’ha anche trasmessa e selezionata di recente
fra i cinque migliori lavori dal Forum dei documentaristi israeliani.“In questo film – spiega il regista – ho lavorato assumendo il punto di
vista del cittadino israeliano. In quanto tale non posso entrare a Gaza
e, come tutti, sono continuamente esposto ai telegiornali della tv
israeliana. Il mio tentativo è stato quello di capire il sistema: in
altre parole, perché era permesso il tè e non il caffè? Il film è
partito da questa domanda e per tutta la sua durata cerca di capire,
senza sentimenti di rabbia”.Nell’arco di quasi un’ora Ofek ci fa incontrare un’umanità variegata.
C’è il giovane camionista cresciuto in Russia ed emigrato ragazzo in
Israele che non capisce come si possa lasciar marcire la farina (“sono
cresciuto con un’altra mentalità, il pane non si butta”). C’è
l’importatore di kiwi che non si capacità del perché la sua frutta sia
vietata, in quanto considerata di lusso, e mele, banane e cachi entrino
liberamente. Il kibbutznik che ha visto crescere una mandria di vitelli
finché sono diventati tori e tenta tutte le vie per disfarsene e quello
che blocca i rifornimenti di benzina nel nome di Shalit. E infine il
direttore dello zoo di Gerusalemme che decide di donare due zebre allo
zoo di Gaza dopo aver visto che lì per mostrare ai bimbi come sono
fatte utilizzano due asini dipinti a righe nere. Le zebre non
passeranno e finiranno vendute a uno zoo indiano.Intanto i rapporti commerciali, anche sulla spinta della politica,
evolvono verso una maggiore distensione. E Ofek ha ben chiaro che ciò
che non entra da Israele lo fa dalla parte dell’Egitto attraverso i
tunnel nel Sinai (“formalmente allora non poteva passare nulla, ma si
sapeva che le gallerie sotterranee erano ormai così larghe da
consentire il transito anche di mucche o automobili”). Anche se,
sottolinea, “il problema più grave è rappresentato dai materiali per
l’edilizia: l’ingresso è vietato perché si teme vengano usati a scopi
bellici ma è una mancanza che penalizza la popolazione che non può
ristrutturare le proprie case o costruire”.Daniela Gross
- http://www.moked.it/
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