Nugae - Sindrome da mancanza di Hannukkah
Le
città si accendono di lucine colorate, le strade si affollano di grandi
sacchetti pieni di meraviglie, le radio trasmettono canzoni allegre
fino a non poterne più, alberi dai frutti di cristallo spuntano da
tutte le parti. E le amiche cominciano a manifestare i primi sintomi
della sindrome da mancanza di Natale, che ogni anno a quest’epoca fa la
sua comparsa come un’influenza stagionale. “Perché noi non possiamo
godere dello stesso calore e mangiare biscottini davanti al caminetto
scartando regali?”, chiedono. Piuttosto diffusa, la s.m.n. colpisce gli
ebrei un po’ in tutto il mondo da più di un secolo, da quando cioè ha
avuto inizio questa tanto odiosa commercializzazione del Natale. Il
risultato di tutto ciò è stato che, un po’ per consolazione un po’ per
ripicca, anche Hannukkah non ha tardato a subire la stesso processo,
trasformandosi da piccola ricorrenza in grosso evento, in modo da
rendere le vacanze invernali un periodo ugualmente eccitante per tutti.
La massima espressione del fenomeno si ha naturalmente negli Stati
Uniti, come testimonia una vasta bibliografia, in cui compaiono titoli
estrosi come A Kosher Christmas: ‘Tis The Season To Be Jewish o
Hanukkah in America: A History. Ma la novità è che questa tendenza, con
le luminarie di Hannukkah che affiancano sempre più spesso quelle
natalizie e l’ingrandirsi di anno in anno del reparto oggettistica di
Hannukkah dei grandi magazzini, con trottole, CD di musiche tipiche e
monete di cioccolato, si è accresciuta a tal punto da aver
incredibilmente suscitato addirittura l’invidia di quelli che hanno
sempre festeggiato Natale. Complice anche il fatto che nelle scuole si
parla sempre sia dell’una sia dell’altra festività, i giornali
raccontano di come sia ormai comune che bambini non ebrei tornino a
casa lamentandosi di non poter celebrare Hannukkah e facendo i capricci
per farsi comprare un candelabro. Per il momento questa nuovissima
sindrome da mancanza di Hannukkah riguarda solo l’America, ma chissà
che
presto non si diffonda anche in Europa. E forse così le vittime della
s.m.n. si sentiranno un po’ meno incomprese.Francesca
Matalon, studentessa di lettere antiche,http://www.moked.it/
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