giovedì 24 gennaio 2013
Mentre lo spoglio delle schede era ancora in corso, giornali e media
israeliani e internazionali sono già passati alle analisi del voto e di
fatto hanno già decretato, insieme agli elettori, il vero vincitore di
queste ultime elezioni israeliane: Yair Lapid, leader del partito di
centro Yesh Atid. Yesh Atid, infatti, a sorpresa, con i suoi 19 seggi
conquistati è diventato il secondo partito del paese, superando di
quattro punti anche il partito laburista di Shelly Yacimovich.I partiti di centro-sinistra – Yesh Atid, Labor, Meretz, Hatnuah –
insieme ai tre partiti arabi – Ta’al, Balad, Hadash - conquistano 60
seggi alla Knesset; altrettanti guadagna il centro-destra del Likud, di
Habayt Hayehudi insieme ai due partiti Ultra-ortodossi – Shas e United
Torah Judaism.“Perchè Netanyahu ha fallito e Lapid ha vinto” è il titolo
dell’editoriale di Aluf Benn su Haaretz; Gil Hoffman sul Jerualem Post
spiega a sua volta “Perchè il Likud è collassato” Le analisi sono
diverse naturalmente, ma il dato di partenza inconfutabile è lo stesso
per entrambi: Bibi e il Likud hanno perso. Aluf Benn sottolinea
specialmente i meriti di Lapid, la sua capacità di parlare al cuore
della gente, l’aver puntato su questioni che toccano il quotidiano, il
carovita, il lavoro. Quanto a Netanyahu, scrive Benn, “sapeva che gli
israeliani erano preoccupati per l’economia, per i prezzi delle case,
per la renitenza alla leva degli haredim, ma ha scelto di ignorare
questi problemi a favore della minaccia iraniana, di Gerusalemme
indivisibile, a favore dei piani di insediamento nelle colonie”.
Netanyahu, insomma, “non ha parlato al cuore degli elettori”. Per Gil
Hoffman invece il vero il tallone d’achille di Bibi Netanyahu è stata la
gestione del tutto personalistica della campagna elettorale, tutta
giocata su di sè e sul suo ruolo di uomo forte e di leader unico.Il New York Times online, che dedica il primo piano proprio alle
elezioni israeliane, parla di voto “tiepido” per Netanyahu, e lo
definisce una strigliata (“rebuke”) del paese al leader del Likud e capo
del governo. La vittoria di Lapid invece, anche per il NYT è frutto
dell’attenzione che egli ha rivolto alle questioni che toccano più da
vicino gli israeliani, specialmente quelli delle classi medie. Oltre
alle questioni dell’economia e del lavoro, uno dei temi forti della
campagna elettorale di Lapid, ricorda Jodi Rudoren, è stato quello del
servizio militare degli haredim e del loro inserimento nella società
israeliana come forza-lavoro. Con questi argomenti, osserva Rudoren,
Lapid si è conquistato le simpatie della sinistra. Sorvolando sul tema
del processo di pace, invece, si è in qualche modo attratto a sè (o,
comunque, non si è inimicato) gli elettori (incerti) del centro-destra.
“Come la grande maggioranza degli israeliani, sul conflitto
israelo-palestinese ha sostenuto una soluzione a due stati, ma si è
dimostrato scettico sulla volontà della leadership palestinese di
negoziare sul serio; ha chiesto un ritorno ai negoziati di pace, ma non
ha fatto di questo argomento una priorità”.Il successo di Lapid, in parte, era nell’aria: da questo partito nato
e cresciuto in un anno, grazie ad internet e ai talk show televisivi,
ci si aspettava conquistasse 12-13 seggi. I 19 emersi dalla conta dei
voti, sono stati una vera sorpresa.Per Lapid ora si tratta di capitalizzare questo “tesoro”, di scegliere
cosa fare e come gestire l’ingente patrimonio di fiducia conquistato
alle urne. Secondo Yossi Verter (Haaretz), il leader di Yesh Atid ora ha
due possibilità: mettersi alla testa dell’opposizione, oppure unirsi al
nuovo governo Netanyahu e diventarne uno dei ministri più influenti.
“Se sceglierà questa strada, – osserva Verter – se giocherà le sue
carte con saggezza, potrebbe davvero realizzare la sua promessa
elettorale, e cioè quella di portare un vero cambiamento nel paese”. E
dimostrare che, come dice il nome stesso del suo partito, un futuro c’è.http://www.mosaico-cem.it/
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