lunedì 14 gennaio 2013
Israele al voto – Quando la religiosità è trasversale
Spesso affrontando la realtà della politica e della società
israeliana, si tende a dipingere lo Stato ebraico come un paese
semplicemente spaccato in due fra religiosi e laici. Alcune tendenze
sono oggettive, come la crescita demografica della popolazione haredì, o
il peso politico che tradizionalmente hanno assunto i partiti di
dichiarata ispirazione religiosa nel Parlamento israeliano, complice
anche il sistema elettorale proporzionale puro (sbarramento solo al 2
per cento). Ma a caratterizzare quella che, se verranno confermate le
previsioni del quotidiano israeliano Haaretz, sarà “la Knesset più
religiosa di tutti i tempi”, sarà un altro fattore: la trasversalità.
Come riportato da Haaretz infatti, la prospettiva di “circa un quarto
dei deputati che si richiamano all’ortodossia nelle sue varie anime” non
è soltanto una conseguenza della crescita consenso verso i partiti
religiosi (e qui non si può non citare Habayit Hayehudì, la Casa ebraica
di Neftali Bennet, che gli ultimi sondaggi proiettano come terzo
partito dopo il blocco Likud-Beytenu e il Labor, seguito a ruota dallo
Shas), ma a una scelta di proporre candidati che abbracciano i valori
della tradizione ebraica nella propria vita quotidiana che attraversa le
compagini più diverse nell’arco politico (per esempio Hatnua di Tzipi
Livni propone al quarto posto il generale modern orthodox Elazar Stern,
mentre Yair Lapid colloca al secondo posto in lista il rabbino Shai
Piron).Il risultato però non è stato quello di proiettare nell’agenda
elettorale la questioni legate al ruolo della religione nella società in
un ruolo di primo piano. Anzi, lo sforzo dei partiti è quello dimettere
in campo un approccio inclusivo e non settario, di proporre un’offerta
politica per parlare al maggior numero possibile di cittadini (ha fatto
per esempio notizia la scelta di Habayit Hayehudì di proporre nelle
proprie liste la prima candidata laica, Ayelet Shaked). Allo stesso modo
sono pochi i politici che propongono l’osservanza religiosa come punto
qualificante del proprio impegno. Tanto più che sulle questioni legate
al rapporto tra Stato e religione esistono visioni profondamente diverse
nello stesso mondo ortodosso, come si è dimostrato a proposito della
questione dell’arruolamento dei haredim, dove nell’ambito del mondo
rabbinico si va dalla completa opposizione a chi ritiene che invece
prestare servizio nell’esercito di difesa israeliano rappresenti un
dovere imprescindibile.Rossella Tercatin twitter @rtercatin,http://moked.it/blog/
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