lunedì 28 gennaio 2013
Israele - Prove di coalizione
A
tre giorni dalle elezioni, i punti fermi del prossimo governo
israeliano sembrano essere soltanto due: Benjamin Netanyahu come primo
ministro, Yair Lapid con un incarico di primo piano. Mentre fervono le
consultazioni tra i leader politici per formare una coalizione che
possa contare sulla maggioranza della Knesset (anche se ufficialmente
il presidente Shimon Peres attribuirà l’incarico soltanto il 30 gennaio
quando saranno ufficiali i risultati delle elezioni), sono diversi gli
scenari che si profilano. La prima ipotesi avanzata da analisti e
giornali è stata quella di un governo che vedesse il Likud-Beytenu di
Netanyahu coalizzarsi, oltre che con Yesh Atid di Lapid, con il suo ex
capo dello staff e attuale leader di Habayit Hayehudì Naftali Bennett,
che all’attuale premier ha sottratto molti consensi a destra. Nelle
ultime ore tuttavia hanno iniziato a circolare voci di una possibile
virata al centro della coalizione. Il quotidiano di sinistra Haaretz
riporta che, secondo fonti del Likud, Bibi starebbe considerando
l’ipotesi di lasciare fuori Bennett, per cercare alleati alla sua
sinistra. Una voce che troverebbe conferma anche nelle notizie
pubblicate dal Jerusalem Post secondo cui Netanyahu avrebbe contattato
la leader laburista Shelly Yachimovich per invitarla a discutere di un
possibile ingresso del suo partito nella coalizione. E se Yachimovich
avrebbe rifiutato l’alleanza (ma non l’incontro) promettendo una
opposizione forte, il numero tre del Labor Eitan Cabel ha dichiarato in
un’intervista alla radio dell’esercito che “se Netanyahu avesse il
coraggio di formare un governo centrista, ipotesi che al momento è solo
un desiderio, il partito laburista probabilmente accetterebbe di farne
parte”. Tra le notizie in primo piano è anche il dibattito circa il
possibile ministero da affidare a Lapid. Alla luce del suo notevole
apporto in termini di parlamentari (19, solo uno in meno del Likud
preso singolarmente), dovrà essere uno dei dicasteri più importanti.
Netanyahu gli avrebbe offerto il Tesoro, anche in considerazione
dell’interesse dell’ex giornalista per i temi socio-economici, ma i
consiglieri di Lapid gli avrebbero suggerito di evitare di mettere la
propria firma sulle politiche di sacrificio che il governo sarà
costretto a chiedere agli israeliani con la prossima legge di bilancio.
Un’ipotesi accredita è quella di un Lapid ministro degli Esteri. Anche
se, finché non si chiarirà l’intero spettro degli alleati di Bibi, i
condizionali rimangono d’obbligo.http://www.moked.it/
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