Israele - Una società
in abiti civili
lunedì 28 gennaio 2013
Come tutti sanno, l’altro
giorno la popolazione israeliana si è recata alle urne e ha eletto la
sua diciannovesima Knesset. I risultati delle elezioni sono stati
analizzati, ricucinati e tritati da tutti i mezzi di stampa e di
comunicazione. Ma un fenomeno sociologico e politico del tutto
originale e interessante non è stato finora toccato. Questo fenomeno
potrebbe essere definito un progressivo “incivilimento” (o forse
“civilizzazione”) di Israele, non nel senso di un paese più progredito,
ma in accezione militare. Vale a dire, il passaggio da una società più
o meno militarizzata verso una società invece dalla mentalità più
borghese, più civile. Difatti, se si nota, la classe dirigente negli
anni passati era composta da una grande percentuale di alti ufficiali,
e così anche molti capi del governo erano stati in passato generali
dell’esercito. Tanto per farne i nomi più famosi: Rabin, Sharon, Ehud
Barak. Per di più era usanza diffusa che gli ufficiali, toltasi la
divisa, passassero alla politica, o almeno a dirigere importanti
istituzioni pubbliche. Non per niente, i problemi e le questioni
all’ordine del giorno e dibattute dall’opinione pubblica erano
soprattutto di carattere bellico: i rapporti con gli arabi, con i
palestinesi, la difesa della popolazione, e così via. In queste ultime
elezioni invece, i temi centrali sul tavolo erano questioni
socio-economiche: i salari, i prezzi delle abitazioni, la
disoccupazione. La campagna elettorale sviluppata da Shelly Yachimovich
è stata per l’appunto una delle diverse espressioni di questo fenomeno
sociale, che è ovviamente molto più profondo. Un’altra sua
manifestazione è l’elezione alla Knesset di diversi personaggi pubblici
civili: è conosciuto il caso dei giornalisti passati alla politica, ma
ancora più interessante invece è quello dei docenti universitari
passati all’attività pubblica ed eletti in Parlamento. Il caso di
accademici divenuti politici è molto diffuso sia in Europa che in
America: Aldo Moro, Amintore Fanfani e Henry Kissinger, erano tutti
professori universitari, solo per fare alcuni nomi.Questo fenomeno è sintomo di un “imborghesimento” della società
israeliana. I problemi che assillano la popolazione non trattano più la
sopravvivenza fisica, e neanche la questione palestinese passata in
secondo piano, ma i temi socio-economici riguardanti la qualità della
vita. Un’altra conseguenza è anche lo smussamento delle
contrapposizioni ideologiche, ad esempio la rivalità fra i laici (o
hillonim) e gli ultra-religiosi (o haredim), al fine di ricercare un
maggiore compromesso. Questo processo sociologico assai significativo
sarà sicuramente molto lungo, ed è per adesso solo all’inizio, ma senza
dubbio rende la società israeliana un pochino più tranquilla, più
serena, più “normale”.Andrea Yaakov
Lattes, Università Bar Ilan.http://www.moked.it/
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