domenica 3 febbraio 2013
Grande protagonista di tanti eventi cruciali dell’ultimo secolo, a cominciare dalla lotta al Nazismo, Ed Koch, leggendario sindaco di New York tra il 1978 e il 1989, è scomparso all’età di 88 anni. A
raccontare la sua personalità meglio di ogni altro scritto è
l’epitaffio che lui stesso compose dopo aver superato un infarto nel
1987: “Fu fieramente orgoglioso della sua fede ebraica. Fieramente
difese la città di New York e amò i suoi cittadini. Più di ogni altra
cosa, amò il suo paese, gli Stati Uniti d’America, nel cui esercito
servì durante la seconda guerra mondiale”. Edward Irving Koch era nato nel 1924 nel Bronx da genitori ebrei
immigrati negli USA dalla Galizia. Nel 1943, ansioso di andare in
Europa a combattere Hitler, nascose una grave ferita alla mano pur di
essere arruolato. Nell’esercito era pronto a fare a pugni con chiunque
indirizzasse commenti antisemiti a lui o ai suoi commilitoni ebrei
(cosa che accadeva piuttosto di frequente). Ferito durante i
combattimenti in Germania, fu rimandato negli Stati Uniti per tornare
in Europa al termine della guerra chiamato a portare avanti un’opera di
denazificazione di una cittadina bavarese: fu la sua prima esperienza
da amministratore.Nel 1946, pur non avendo terminato la laurea di primo livello, convinse
la prestigiosa New York University ad accettarlo alla facoltà di legge,
mantenendosi nel frattempo attivo in campo ebraico (frequentava la
sinagoga conservative Flatbush Jewish Center e l’organizzazione
giovanile Young’s People’s League). Cominciò a occuparsi attivamente di politica all’inizio degli anni
Cinquanta, e nel 1969 fu eletto al Congresso nelle file del Partito
democratico. I suoi otto anni da deputato furono caratterizzati da
votazioni di stampo progressista, ma con uno stile volto alla
mediazione, nonché da una forte passione per i temi legati allo Stato
d’Israele, che visitò più volte incontrando i principali esponenti del
mondo politico.Nel frattempo la città di New York viveva uno dei suoi periodi più bui,
tormentata dallo spettro dell’altissimo tasso di criminalità e da
quello della bancarotta. Koch si candidò a sindaco e fu protagonista di
una campagna elettorale all’attacco, mettendo in luce le sue
competenze, auto-definendosi “un liberal dotato di sanità mentale”,
enfatizzando il suo supporto alla pena di morte, salendo alla ribalta
nazionale per le sue critiche alla politica mediorientale del
presidente democratico Jimmy Carter. Eletto, fu capace di ottenere
successi fulminanti. Nel suo primo giorno bandì le discriminazioni
implementate dalla città in base all’orientamento sessuale (un tema che
gli rimase sempre particolarmente a cuore: pur rifiutando di discutere
la propria sessualità in pubblico, Koch fu spesso attaccato in questo
versante, come avvenne nel 1977 quando manifesti elettorali apparvero
con la scritta “Vote for Cuomo, Not the Homo” in sostegno del suo
avversario, e futuro governatore dello Stato di New York, Mario Cuomo).
Koch Migliorò la gestione, abolì la politicizzazione delle nomine dei
dirigenti, istituendo una commissione di esperti indipendenti per il
vaglio dei candidati. Persuase il Congresso a mettere in atto
un’operazione di salvataggio finanziario per New York, e riuscì ad
arrivare al pareggio di bilancio in un tempo minore di quello previsto.
Nel 1981 fu trionfalmente rieletto con sostegno bipartisan. Solo i suoi
rapporti con le comunità povere afro-americane si mantennero difficili,
in particolare dopo la sua decisione, nel 1980, di chiudere l’ospedale
Sydenham, che ne costituiva un punto di riferimento. Fu Koch a varare un piano di riqualificazione edilizia che nei decenni
successivi ha portato a ridisegnare il volto di New York (nel 2001 la
maggior parte delle aree degradate della città erano state
ristrutturate). Ma nonostante gli innegabili successi, il suo terzo mandato da sindaco
fu caratterizzato dall’emergere di episodi di corruzione nel suo
entourage (nonostante la personale integrità del sindaco non fu mai
messa in discussione), da un aumento vertiginoso dei decessi per Aids e
del numero dei senzatetto. Dopo una campagna elettorale burrascosa, fu
sconfitto alle primarie democratiche da David Dinkins (il primo e
finora unico afro-americano a ricoprire la carica di sindaco di New
York). In un’intervista al New York Times nel 2009, Koch, ottantaquattrenne,
aveva raccontato con mordace ironia al giornalista Sam Roberts tutti i
dettagli del suo funerale, già pianificato allora, a partire da
quell’epitaffio. Funerale che si svolgerà nella giornata di lunedì, al
Temple Emanuel, proprio come Koch aveva deciso cinque anni fa (tra i
vari oratori, prevista anche la presenza dell’ex presidente degli Stati
Uniti Bill Clinton).“Spero che mi ricorderanno come qualcuno che ha amato la città di New
York e i suoi cittadini, e che ha fatto tutto ciò che era in suo potere
per rendere la loro vita migliore” aveva dichiarato Koch nella sua
ultima intervista televisiva, solo qualche settimana fa. Rossella Tercatin http://www.moked.it/
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