lunedì 4 marzo 2013
Da qualche anno sono chiamato a partecipare a
un’iniziativa di dialogo interreligioso. Un cristiano, un ebreo e un
musulmano devono commentare dalla loro prospettiva un brano della
Bibbia, che è incluso nella liturgia cattolica delle domeniche
precedenti la pasqua. L’idea è quella di porsi all’ascolto dell’altro,
e a me pare una buona occasione per conoscere e per farsi conoscere. Il
problema tuttavia si pone sulla questione della rappresentanza. Sia io,
come ebreo, sia gli altri dialoganti, non rappresentiamo in realtà
nulla sul piano formale e gerarchico. Nel nostro mondo ebraico la
gerarchia semplicemente non c’è (ne è un buon esempio il dibattito
degli ultimi giorni fra i rabbini italiani e israeliani), per cui io mi
trovo nella condizione di “rappresentare” solo nel senso di “mettere in
scena” una delle possibili interpretazioni che di quel passo biblico si
potrebbero tentare nella prospettiva della tradizione ebraica. E’ una
prova di metodo, utile forse più a me che a chi mi ascolta. E’ comunque
un’ottima occasione, che colgo volentieri, per mettermi nella
prospettiva dello studio, caricato comunque della responsabilità tutta
ebraica di studiare almeno un pochino ogni giorno.Gadi Luzzatto Voghera,storico,http://www.moked.it/
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