sabato 19 maggio 2012

Neghev
Giorno della catastrofe e giorno del disastro

Di Israel Harel, http://www.israele.net/a
La resa della Germania nella seconda guerra mondiale è stata commemorata il 9 maggio in molti paesi del mondo. Quello stesso giorno alcune migliaia di neo-nazisti hanno inscenato una “marcia funebre” per quello che loro definiscono “il giorno del disastro”. Nel loro paese, e ancor di più al di fuori di esso, costoro costituiscono una minoranza ostracizzata. La stragrande maggioranza della gente considera quel periodo come un’epoca di degenerazione morale durante la quale i loro leader, i loro studiosi e i loro comandanti militari furono presi da una sorta di follia che procurò genocidi, aggressive campagne di conquista e la disfatta di molte nazioni. Questa è la lezione che la maggior parte dei tedeschi, e la maggior parte delle nazioni che collaborarono con loro, hanno appreso dal “giorno del disastro”.Di tutte le nazioni che mandarono dei soldati a sostegno delle gesta dei nazisti, una soltanto non ha mai espresso il minimo rammarico. Al contrario, essa dedica il 15 maggio – il giorno in cui gli eserciti arabi si lanciarono all’invasione dello stato d’Israele che aveva appena dichiarato l’indipendenza – alla commemorazione del lutto per non essere riusciti a conseguire il loro obiettivo. Il rammarico degli arabi non è per la colpa della loro aggressione, bensì per il fatto che non furono capaci di completare il lavoro che Hitler aveva lasciato incompiuto. A differenza dei tedeschi, non provano alcuna vergogna per le gesta assassine dei loro predecessori. Si vergognano invece della loro debolezza e della loro incapacità di portare a termine la missione.I cittadini arabi d’Israele non hanno mai espresso rincrescimento per il fatto che i loro padri uccisero decine di ebrei che lavoravano nella zona di Haifa, assassinarono i difensori di Gush Etzion dopo che si erano arresi, massacrarono 79 medici e paramedici di un convoglio sanitario diretto all’ospedale Hadassah sul Monte Scopus, uccisero 35 soldati che erano stati mandati in soccorso a Gush Etzion e fecero scempio dei loro corpi. I loro scritti non contengono la minima espressione di rammarico per questi e tanti altri crimini. Il rammarico è solo ed esclusivamente riservato al fatto di non aver potuto fare a tutti gli ebrei ciò che erano riusciti a fare solo ad alcuni di loro.Nessun leader, nessuno storico, nessun filosofo o chierico arabo ha mai preso la parola per dire pubblicamente ai suoi – come hanno fatto gli intellettuali tedeschi, polacchi e olandesi (e come hanno fatto gli intellettuali ebrei riguardo al trattamento israeliano dei palestinesi) – che dovrebbero farsi un esame di coscienza; che dovrebbero cambiare la narrazione che viene predicata nelle moschee e insegnata nelle scuole arabe, grazie anche ai fondi dello stato d’Israele, secondo la quale il “disastro” derivò da un complotto ebraico incoraggiato dai colonialisti occidentali. Nessuno di loro definisce il gran mufti di Gerusalemme Haj Amin al-Husseini per quello che era: un assassino. Eppure questo fu l’uomo che, oltre alle stragi perpetrate ai suoi ordini durante la “rivolta araba” del 1936-39, abbracciò lo sforzo di Hitler per realizzare la “soluzione finale” sino al punto di inviare una brigata per aiutare la causa. I nomi dei leader europei che si allearono con Hitler sono diventati sinonimo di abiezione nei loro rispettivi paesi. Il mufti, al contrario, è diventato un eroe nazionale palestinese. Il grido “morte agli ebrei” che saliva dalla sua moschea si sente ancora oggi nelle strade arabe e palestinesi, e continua ad aizzare le masse.Questo è ciò che commemorano, questa è la Nakba. Questo è ciò che professori e presidi delle Università di Tel Aviv e di Gerusalemme hanno lasciato che si celebrasse nei loro campus. Il significato del grido di battaglia “con il sangue e con il fuoco riscatteremo la Palestina”, urlato nei campus israeliani quando è stata issata la bandiera palestinese, è la diretta continuazione della linea di odio che discende dal mufti e dei suoi successori. E paradossalmente (ma non sorprendentemente) una parte dei “pacifisti” israeliani collabora nel promuovere questa linea.Non è un messaggio di riconciliazione quello che esce dalle cerimonie della “giornata della Nakba”, nelle università o altrove. Piuttosto queste cerimonie alimentano la speranza che arrivi presto il giorno della vendetta e del castigo, e che gli ebrei, consumati dal senso di colpa, stiano gradualmente perdendo fiducia nella giustizia della loro causa. A quel punto, quando la volontà nazionale israeliana sarà atrofizzata, potrà iniziare la marcia per il “riscatto della Palestina”.(Da: Ha’aretz, 17.2.12)

Giardini, ecco come risparmiare il 50% di acqua

Uno speciale tessuto di fibre naturali annuncia un nuovo futuro per agricoltura, vivaismo e floricultura e orticultura domestiche. L’innovativo materiale tecnologico, testato con grande successo in Toscana e in Israele, sarà presentato alla manifestazione alla Fortezza Firenze – Anche i recenti test condotti dal Ministero dell’Agricoltura Israeliano ne confermano le straordinarie qualità: ideato e prodotto a Prato dal Gruppo Tessile Lenzi (divisione Lenzi Tecnologie), lo speciale materiale appena lanciato sul mercato con il marchio Terralenx® è un’arma vincente contro la siccità. ........Il ‘miracolo’ Terralenx sta nella capacità di assorbire grandi quantità di acqua (11 volte il peso del materiale) e di rilasciarla lentamente al terreno, evitando sprechi. Il terreno, protetto dall’evaporazione, si mantiene per molti giorni in uno stato di isolamento termico, più fresco in estate, più caldo in inverno.Terralenx ha inoltre un effetto pacciamante, ossia impedisce la crescita delle erbe infestanti, riducendo così l’uso di diserbanti chimici..........Quanto al governo israeliano, da sempre in lotta con il problema, ha subito visto in questo materiale un’opportunità strategica e i vari test condotti in questi mesi dal Ministero dell’Agricoltura Israeliano presso i vivai Pardo di Moshav Shdema, un centro agricolo del Distretto Centrale vicino al porto di Ashdod, sono stati tutti altamente positivi”.I tecnici di Tel Aviv hanno sperimentato il materiale su due tipi di piante, la Brunfelsia Pauciflora, un arbusto sempreverde di origini brasiliane, e il Mirto Comune, tipico della macchia mediterranea. Semplice il metodo: sono stati preparati tre diversi gruppi di vasi, tutti irrigati con impianto a goccia. Quelli senza disco hanno ricevuto la normale razione di acqua, gli altri esattamente la metà........http://www.nove.firenze.it/

Ispirazione razionalista

Parla un linguaggio geometrico e contemporaneo questa casa monofamiliare disegnata dall’architetto israeliano Sharon Neumann, sita nella città di Hasharon in Israele, poco distante da Tel Aviv.La House R, che vanta una superficie complessiva di circa 200 mq, è stata concepita per una giovane famiglia con tre bambini ed edificata su un terreno con un ampio panorama aperto sul retro e vista sui campi coltivati. L’abitazione si compone di volumi intersecanti, tre parallelepipedi che si sovrappongono in modo armonico. Il risultato è una forma mutevole che sorprende la vista ad ogni cambio di prospettiva. Un gioco evidenziato dalle diverse tonalità di grigio che tinge le facciate e che dà visibilità al grande volume a sbalzo che sembra sospeso, ancorato al corpo principale.“Abbiamo posto grande attenzione alla funzionalità degli spazi e deciso di aggiungere ritmo e movimento alla pianta elevando la casa su due livelli - spiega l’architetto Neumann - ponendo la camera da letto padronale come crocevia tra la zona living aperta agli ospiti e la zona notte, dove vige la privacy e risiedono le camere dei bambini e i servizi”.In tal modo il piano terreno è stato sviluppato secondo uno schema a L e la camera da letto è stata sovrapposta ad esso riempiendo lo spazio mancante e liberando la zona sottostante per ampliare il giardino. La zona giorno descrive un ampio spazio che prende l’altezza intera della casa e rimane sempre in piena luce grazie alla doppia esposizione sul giardino circostante: da un lato una finestra che taglia verticalmente una parete, sull’altro lato invece le grandi porte-finestre scorrevoli che aprono sul deck esterno. A separare il living dalla zona pranzo e dal vano scale è una parete sospesa che insiste sulla struttura stessa della scalinata e ospita la tv flat screen e l’impianto sonoro...............http://atcasa.corriere.it/

'Re' Netanyahu conquista Time, soddisfazione in Israele

(ANSAmed) - TEL AVIV - Ha ottenuto una grande risonanza sulla stampa israeliana la copertina del settimanale statunitense dedicata a 'King Bibi' (Netanyahu), un personaggio che secondo il settimanale avendo conseguito in casa un potere pressoché assoluto può ora forgiare la Storia del proprio Paese."Farà la pace ? - si chiede Time. - O farà la guerra ?" Con questa copertina - che illustra un articolo di sei pagine - Netanyahu è comunque entrato nel 'Gotha' dei dirigenti di Israele a cui Time ha dedicato la propria copertina: David Ben Gurion, Levy Eshkol, Moshe Dayan, Golda Meir, Yitzhak Rabin (due volte) e Ariel Sharon.Haaretz, con tono sarcastico, sostiene che un articolo del genere non sarebbe mai apparso su un giornale locale "anche perché - nota - negli ultimi anni nessun giornalista israeliano ha potuto avvicinarsi a Netanyahu" con la piena disponibilità che é stata invece elargita al direttore di Time. In ogni caso, aggiunge il 'liberal' Haaretz, pare esagerato associare l'attuale premier a personaggi biblici come Abramo, Mosé e Giobbe per quella che secondo Time sarebbe una inclinazione comune di "discutere con Dio". Il testo dell'articolo di Time è stato distribuito ai cronisti politici dall'ufficio del premier, affinché avesse la massima risonanza. Netanyahu, da parte sua, ha invece ostentato modestia: "Israele è una democrazia, non una monarchia - ha puntualizzato - non lo dimentico nemmeno per un minuto"

Nasrallah, non proiettate il mio film in Israele

CANNES - 'Dopo la battaglia', del regista egiziano Yousry Nasrallah, unico film africano in concorso al Festival di Cannes, parla di un tema forte, ovvero di uno degli appuntamenti della primavera araba, quello della protesta di piazza Tahrir al Cairo che portò alla caduta di Mubarak. E che i temi del film siano davvero politicamente caldi lo dimostra anche la sensibilità dello stesso regista che non manca di polemizzare con il governo israeliano quando dice, applaudito, un secco no alla distribuzione del film in un Paese "che tratta male i palestinesi nei territori occupati". Protagonista di 'Dopo la battaglia' è Mahmoud (Bassem Samra), uno di quei cavalieri che il 2 febbraio 2011 fece parte della cosiddetta 'battaglia dei cammelli' che portò sangue, feriti e morti nella piazza Tahrir. Un uomo che si trovò schierato dalla parte di Mubarak lanciandosi con il suo cavallo contro la folla che in piazza ne chiedeva le dimissioni. Il regista Nasrallah, che ha conosciuto alcuni di quei cavalieri e cammellieri perché protagonisti del suo documentario 'A propos des garons, des filles et du voile', non ci sta però a considerarli i "cattivi della storia" e così punta la sua macchina da presa su Nazlet, quartiere povero ai piedi delle piramidi di Giza, dove vive gente come Mahmoud. Gente che, per campare, porta in giro i turisti con cavalli e cammelli. Nel caso di Mahmoud, coinvolto solo per disperazione e fame nella controrivoluzione, ora, come mostra il film, c'é il rifiuto, l'ostracizzazione da parte della società. A salvarlo, e a dargli coscienza rivoluzionaria e della sua stessa condizione di povero in preda a tutte le possibili corruzioni, sarà un'egiziana evoluta e pasionaria come Reem (Menna Chalabi), che prenderà a cuore la sua vita e quella della sua famiglia."Per me - ha detto il regista - conta che si guardino le persone e non gli stereotipi e le idee che queste persone incarnano. La storia è fatta di tanti piccoli individui". Il cinema arabo per Nasrallah "ha dei problemi, e non solo perché é mal visto dalla cultura islamica, ma anche perché è sicuramente diminuito il mercato. Ma se ci sono buone idee può funzionare come qualsiasi altro cinema". Per quanto riguarda i cavalieri-controrivoluzionari spiega: "non li voglio porre come modelli. Probabilmente è gente che ha paura del nuovo, paura di perdere il lavoro. Il fatto è che il mio paese non è ancora abituato alla democrazia, anche per questo il popolo egiziano meritava questo film che è come una lettera d'amore". Infine, alla domanda di un giornalista israeliano che chiedeva conferma sulla distribuzione del film in Israele, Nasrallah ha replicato: "Non voglio il mio film in Israele almeno fino a quando gli israeliani non tratteranno meglio i palestinesi nei territori occupati". Agli applausi di una piccola parte dei giornalisti, ha aggiunto: "Perché applaudite? Non ce l'ho con Israele, ho anche amici israeliani come Gitai, ma se il mio popolo ha cercato di rivedere alcune sue posizioni, questo non mi sembra valga ancora per Israele".http://www.ansa.it/

UMORISMO


NY...Un ebreo emigrato a NewYork nel 1910 torna dopo una ventina di anni nel suo shtetl e viene accolto come un eroe e tutti gli chiedono notizie di come è New York. E lui racconta:“pensate che è una città così grande che ci sono due milioni di ebrei!”E quanti goym ci sono” chiedono gli amici“Cinque milioni”“Come cinque milioni? e che se ne fanno di cinque milioni di goym?”
Piu’ ebreo di cosi’...Da cosa si capisce subito che Gesù era ebreo? Da tre elementi:1) aveva più di trenta anni e viveva ancora con la madre.2) credeva che sua madre fosse vergine 3) e... sua madre lo credeva un Dio!
Pragmatici! Un giorno qualcuno chiese ad Isaac stern,il grande violinista, perchè avesse studiato il violino e non il pianoforte e la sua disarmante risposta fu:“Provate voi a fuggire con un pianoforte durante un Progrom!” Sullam n.94 A cura di Roberto Modiano

Caponata di melanzane


Ingredienti: 1,5kg melanzane lunghe nere;1 kgPomodori perini maturi; 150g Cipolle;100 g Carote; 150g Olive verdi; 50 g Capperi sotto sale; Sedano; 100 g Olio extra vergine d’oliva;
3 o 5 Uova sode; 50 g Farina; Basilico a foglia piccola; 30 g Aceto di vino bianco; Pepe nero; Sale fino q.b.; Olio extra vergine d’oliva per friggere q.b.Lavare e tagliare le melanzane a dadi, senza eliminare la buccia, emetterle in uno scolapasta sotto sale per almeno un’ora. Pulire, lavare le verdure e le erbe aromatiche. Snocciolare le olive, dissalare
i capperi.Sbollentare, pelare e spezzettare i pomodori, eliminando i semi.Tritare cipolle, carote e sedano.Scolare le melanzane, asciugarle e friggerle in una padella nera in abbondante olio, sufficiente a coprirle. Sgocciolarle e tenerle da parte al caldo. Contemporaneamente rosolare il trito in un tegame di terracotta con l’olio caldo, aggiungere i pomodori, le olive snocciolate,i capperi e parte del basilico. Lasciar insaporire il tutto per
qualche minuto a fuoco vivo, versare l’aceto e continuare la cottura sino ad ottenere una salsa abbastanza densa.Unire le melanzane e cuocere ancora alcuni minuti per amalgamare
i gusti, cospargere con le foglie di basilico spezzettato, decorare con le uova sode tagliate a spicchi e servire immediatamente.Sullam n.94

Lo shabbes goy di Rabbi Hirsh


Michael Devlin, il protagonista del romanzo Neve in agosto, come Capitan
Marvel.
Se il ragazzino dice “Shazam” si ricompone un mondo. E allora c’era una volta in America, radio days e le canzoni di Bing Crosby, Nat King Cole, Perry Como e Doris Day e l’orchestra di Benny Goodman o Count Basie. I film, i fumetti,le leggende irlandesi di mamma, e Jack London, Edgar Allan Poe, Charles Dickens e l’enciclopedia Le meraviglie del sapere. La biblioteca di Garibaldi Street e il cinema Venus, prima di rimettere piede al Grandview, dove Michael era stato da piccolino con papà, quando papà c’era. E il baseball, dei Dodgers e del magnifico Jackie Robinson, “il primo negro nelle leghe maggiori del baseball”.E lui, Michael Devlin, e Sonny e Jimmy, uno per tutti e tutti per uno, come i tre moschettieri. Lui irlandese, Sonny italiano, Jimmy polacco.1947, Brooklyn, Ellison Avenue, il Casement’s Bar, il negozio di dolciumi di Slovacki, la panetteria, la bottega di Mister G.E i teppisti, Frankie e la sua gang dei Falchi, che terrorizzano il quartiere e dicono e fanno quello che tutti i teppisti dicono e fanno: sputano ignoranza odio e pregiudizio, picchiano e massacrano. Per comodo ulteriore, il capro espiatorio è lì. E’ lui, l’ebreo.Non ci stanno Michael e la sua mamma. E anche altri, come i veterani, che sono stati in guerra, e in Europa hanno visto. Hanno visto e udito ancor peggio di quello che il cinegiornale del Venus proietta prima di ogni film: le immagini dell’orrore, della vergogna, del dolore, della bestialità dei campi di sterminio dei nazisti, l’urlo di bambini e vecchi, di donne, uomini e ragazzi.Un mondo così, a Brooklyn, dove il ciclone della guerra è passato lontano, ma ha lasciato a terra il papà di Michael e tanti americani come lui (irlandesi, italiani,polacchi, cattolici, ebrei, “negri” d’America).Un posto così, dove forse si potrebbe anche vivere con la speranza di un futuro,un futuro d’America, se non fosse per loro, che vanno a caccia, tendono agguati,imbrattano di svastiche e di scritte oscene i muri dei luoghi dove vogliono stanare la preda.E una volta così, a Brooklyn, America, in Ellison Avenue, doppiato l’angolo di una portentosa nevicata, arrancando verso la Chiesa del Sacro Cuore, per andare a servir messa, una volta così, quella volta di fine d’anno 1946, Michael Devlin cattolico irlandese americano, lui, il chierichetto di Padre Heaney, divenne lo shabbes-goy di Rabbi Hirsh. La sinagoga di Kelly Street lo raggiunse come la promessa di un miracolo. E miracolo fu.maggio | 2012 . iyar | 5772 Ed infine, martedì pomeriggio nel Ridotto del Teatro Comunale, ultimo in ordine di tempo, ma non di importanza il convegno “Le donne e la scrittura” coordinato da Rav Roberto Della Rocca, e reso stimolante, ricco ed interessante dagli interventi di Yarona Pinhas, Donatella Ester De Cesare e Marina Beer,degna conclusione di un Festa del Libro in cui negli “Incontri con l’autore” le autrici erano più della metà!Anche i percorsi guidati nella bella città estense, ma anche molto ebraica, sono stati frequentatissimi ed hanno confermato che quando i luoghi hanno un’anima continuano a parlare a tutti, quindi, esaurita questa bella edizione della“Festa del Libro Ebraico” non ci resta che dire che la Festa continui ed aspettare la prossima primavera per un’altra visita a Ferrara.Lo shabbes goy di Rabbi Hirsh.Michael Devlin come Rabbi Loew,suscitatore del Golem. Se il ragazzino dice “Apriti Sesamo”, il mondo non ha più confini, il tempo rompe i suoi vincoli,l’immaginazione guida il desiderio e la sua realizzazione. E’ come uno spirito santo che discende. S’imparano le lingue. Io insegno a te l’inglese,Rabbi Hirsh di Praga; tu insegni a me, Michael Devlin, che so l’inglese e anche il latino della messa, l’yddish e l’ebraico dei tuoi libri sacri, e il greco,e l’aramaico di Gesù che non fu ucciso dagli ebrei come dicono in Ellison Avenue. Le lingue del mondo. Gli alfabeti di Dio.Com’è piena di sogni avventurosi, meraviglie e tentazioni la vita quando si è ragazzi, cattolici irlandesi americani,e finalmente anche un po’ ebrei e un po’ “negri”. Quando si sa l’inglese e il latino della messa, e l’orizzonte che sembrava tutto lì, si rompe nel miracolo di altre lingue, altre fedi, altri mondi. Perché davvero pensi che nonostante Sonny, Jimmy, Capitan Marvel, e tutti i libri della biblioteca di Garibaldi Street, e i film del Venus,e le canzoni della radio e i Dodgers e Frankie Robinson, pensi che era pur sempre poca cosa la vita prima di quel passaggio alla sinagoga, quel sabato mattina, a fare da shabbes-goy al rabbino Hirsh.Prima e dopo quell’incontro. Lo spartiacque.Perché varcata quella soglia, Michael Devlin spiccò il volo che ancora non gli era riuscito. Non per mancanza di talenti, quelli gli fiorivano fra le dita, ma in assenza di una guida, un padre, vero e spirituale. Ed ecco Rabbi Hirsh. E i libri, la musica, il baseball; l’esercizio delle lingue,dell’umorismo, dell’intelligenza,del piacere di sapere, pensando a un mondo senza pregiudizi, senza odio,senza guerre. Viaggiare con la mente.E basta dire un nome, dare due coordinate,ed ecco spalancarsi la storia.La storia in cui entri tu. Per esempio a Praga. Con Rabbi Loew, il Golem, il perfido Taddeo, l’imperatore Rodolfo.La Praga dei misteri della Kabbalà,degli alchimisti e dei miracoli. La Praga del ghetto, della giovinezza del rabbino Hirsch, di Leah, sua moglie, vittima;la Praga del dolore che impregna di sé le piccole stanze della sinagoga.E poi dilaga da Kelly Street a Ellison Avenue, ripetendo misfatti che si volevanoallontanare.Pete Hamill, l’autore di Neve in agosto,indica in Michael Devlin, il protagonista del romanzo, una vocazione salda dell’infanzia, che ha in sé, nella sua costituzione, la forza visionaria di cambiare il mondo. E attraverso la rappresentazione di questa potente Weltanschauung infantile, un qui e ora, reale e immaginario, fonda la sua “città ideale”. L’utopia di una realtà nuova, alla quale chiedono pari diritti di cittadinanza gli eroi del quotidiano e gli eroi del meraviglioso, uniti da un medesimo intento, un unico proposito.Sostenere la civiltà, i valori che ne sono a fondamento, allontanare la barbarie e il suo corollario di intolleranza e di morte. All’interno del vero miracolo costituito da questo romanzo.Rosella Picech, Sullam n.94 Pete Hamill, Neve in agosto, traduzione di Marina Astrologo e Massimo Birattari, Salani, 2009, p.304, Euro 10,00


YOSEF ROFE’ UOMO DI MARE, DI STUDIO E DI POESIA TRADUTTORE IN EBRAICO DI LIRICHE ITALIANE

Yoseph Rofè (cognome originario Roifer), nato a Pisa nel 1930 e morto a Gerusalemme nel 1997, è il fratello del professor Alexander, con il quale e con la primogenita sorella Noemi, fece l’aliah da fanciullo, dopo la morte del padre Giorgio Roifer, imprenditore ed esponente sionista. Il padre era venuto dalla Romania per studiare a Pisa, dove sposò Matilde Gallichi, sorella del dottor Guido Gallichi. Era amico e socio in affari di Yoseph Pardo Roques, il Parnas, che fu il sandak (padrino) dell’omonimo neonato Yoseph, quando entrò nel patto di Abramo. Morendo giovane, nell’agosto 1938, Giorgio, privato della cittadinanza italiana dalle leggi antiebraiche, disse biblicamente alla moglie: “Prendi i figli e vai in Erez Israel”. Lì Yoseph, come i fratelli, è cresciuto, finemente educato alla cultura e al senso dell’arte dalla madre. Frequentò il liceo Shalvah di Tel Aviv, uno dei pochi in cui si studiava il greco e il latino. Si dedicò all’insegnamento, con periodi in Italia, ed è stato bibliotecario all’Università Bar Ilan. Durante la prima guerra di indipendenza di Israele, quando sorse lo Stato, si arruolò nella Marina, conseguendo il grado di ufficiale e si offrì volontario nell’unità di sommozzatori, la Shayyetet. Si trovò nel porto di Tel Aviv sotto un bombardamento egiziano, nel quale morì la fiorentina Giorgia Bolaffi Klingbail.Yoseph componeva poesie fin dalla fanciullezza e si è dedicato alla traduzione in ebraico di poeti italiani, ampiamente continuando una tradizione nella letteratura degli ebrei d’Italia, inclini a connettere le due civiltà, di cui sono partecipi. Pubblicò nel 1960, in edizione Kiriat Sefer di Gerusalemme l’antologia dei poeti, dedicandola alla memoria del padre e con riconoscenza alla madre. Il volume si apre, a mo’ di prologo, con il coro del Nabucco, e comprende sonetti del Foscolo e buona parte dei Sepolcri, cinque canti leopardiani, Il re travicello e La fiducia in Dio del Giusti, tre poesie di Carducci, quattro del Pascoli, cinque composizioni di D’Annunzio, tra cui La pioggia nel pineto, il nostro Angiolo Orvieto, e molto di Quasimodo. Di ogni autore offre la presentazione introduttiva ai lettori di Israele. E’ stata dunque un’opera di bel rilievo, assimilante nell’ebraico parti significative dei poeti italiani, per farli conoscere agli israeliani ed ebreofoni, per vibrante gusto degli ebrei italiani, che sentono congiungere le due anime con buon esercizio di ivrit, e per gli studiosi di lingue interessati alla funzione letteraria costituita dalle traduzioni.Di ogni autore fornisce un breve profilo biografico in ebraico.Il Tempo e l'Idea n.19 - 24

venerdì 18 maggio 2012

Israele: è illogico fornire energia e aiuti alla Striscia di Gaza
Israele ha lasciato la Striscia di Gaza nel 2005, lo ha fatto non senza sacrifici e polemiche per la famosa politica “terra in cambio di pace”, solo che la pace non l’ha mai avuta in cambio della terra e, anzi, in cambio ha avuto anni e anni di attacchi, missili sulle sue città e attentati dinamitardi. Israele non occupa o assedia Gaza come qualche stolto vuol far credere. Gaza è un territorio ostile e come tale viene trattato.

Nonostante tutto però Israele fornisce energia elettrica (o il carburante per produrla) e aiuti alla Striscia di Gaza, unico caso al mondo in cui uno Stato considerato nemico assiste chi lo considera tale. Negli ultimi mesi, quando a causa di una lite tra Fatah e Hamas il carburante per la centrale di Gaza non è arrivato a destinazione, Israele ha deviato parte della sua produzione (il 4,5%) su Gaza anche se i pacifinti si guardano bene dal dirlo. Beh, lasciatemi dire che tutto questo è assolutamente illogico.La Striscia di Gaza è governata di fatto da Hamas, un gruppo terrorista che ha come obbiettivo (per statuto) la distruzione di Israele. Da quando ha preso il potere Hamas tiene sotto ostaggio circa 1,5 milioni di arabi residenti nella Striscia. Quelle persone con Israele non c’entrano niente, anzi, considerano lo Stato Ebraico un nemico da distruggere alla pari di coloro che governano Gaza. Allora, se questi “signori” considerano Israele un nemico, perché Israele fornisce loro aiuti umanitari, carburante per la centrale elettrica e quella l’energia che la stessa (e unica) centrale non riesce a produrre? Perché fornisce i desalinatori per rendere potabile l’acqua del mare? Perché fornisce assistenza medica a coloro che a causa di gravi malattie non possono essere curati a Gaza? Si fa questo per un nemico? Non credo proprio anche perché, a parti invertite, gli arabi non lo farebbero mai.Nei giorni scorsi il Ministro dell’Ambiente, Gilad Erdan, ha proposto di tagliare le forniture di energia elettrica alla Striscia di Gaza, energia elettrica che nessuno paga e che finisce per rafforzare i nemici di Israele. Subito è stato tacciato dai soliti pacifinti di “razzismo” e le polemiche sono fiorite. Ma perché il Ministro Gilad Erdan sarebbe razzista? Perché vuole che gli aiuti ai nemici di Israele si interrompano? Beh, ma questo non è razzismo, questa è logica, pura, semplice e ragionevole logica, la stessa che viene applicata in tutte le altre parti del mondo quando si tratta di nemici. Perché Israele dovrebbe essere diverso?Lasciatemi dire che il Ministro Gilad Erdan ha perfettamente ragione e che se c’è qualcosa di assolutamente illogico è continuare a fornire energia elettrica e aiuti umanitari alla Striscia di Gaza. A parte che dubito molto che a Gaza ci sia bisogno di aiuti umanitari (lo pensano solo la Ashton e quelli che come lei sono ammagliati dagli omoni barbuti) ma poi, si è mai visto che un qualsiasi Stato sovrano aiuti i suoi nemici?Questa associazione approva e appoggia totalmente la proposta del Ministro Gilad Erdan. E’ ora che finisca l’assurda ipocrisia che vorrebbe che Israele accetti senza un fiato di essere continuamente minacciata da Hamas ma che nel contempo sia costretto a fornire ai propri nemici ogni tipo di assistenza. Quando gli arabi si metteranno in testa che la pace è l’unica strada da seguire, allora e solo allora avranno l’assistenza di cui hanno bisogno, fino ad allora frontiere chiuse a tutto e a tutti.Sharon Levi, http://liberaliperisraele.ilcannocchiale.it/