lunedì 21 marzo 2011



Tel Aviv - complessino jazz


La notizia ripresa da David Bidussa sull'alef/tav di ieri mi era sfuggita, trascurata com'era stata dalla stampa: una manifestazione a Gaza contro Hamas, e da Hamas repressa con violenza, in cui i manifestanti chiedono libertà invece di scagliarsi contro il nemico di sempre, Israele. Ci saremmo aspettati un gran rilievo almeno da parte di quanti guardano con costante partecipazione ad Eretz Israel. E' solo un seme, certo, ma con altri simili segnali che arrivano dal mondo arabo in questi ultimi tempi può essere un seme di speranza, di cambiamento. E allora, perché non raccoglierlo, se non altro per aiutarlo a metter radici e a rafforzarsi?Anna Foa, storica
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deserto libico

Commento lasciato nel mio blog:

Una domanda. Il TG3 dice: "il governo libico parla di 53 vittime civili, ma senza fornirne le prove". Quando c'è stata l'operazione israeliana a Gaza, ogni dì venivano fornite le cifre delle vittime civili, suddivise fra adulti e bambini. Erano le cifre di Hamas, ma il TG3 non diceva "senza fornirne le prove". Dobbiamo pensare che Hamas sia più affidabile di Gheddafi?
Io ho risposto così (e sicuramente concorderete con la mia risposta):
Chiunque si opponga ai perfidi giudei è molto più affidabilissimo assai di chi sceglie nemici diversi (in Libia nessuno può scegliersi come nemici i perfidi giudei perché è da quel dì che hanno cacciato l'ultimo - tutti, per inciso, residenti lì da un paio di millenni e tutti lasciando lì case e negozi e imprese e terreni ma nessuno al mondo si è mai sognato di chiedere giustizia per questi profughi...) da Barbara Mella

domenica 20 marzo 2011

Gli effetti di uno dei razzi sparati dai miliziani di Hamas sul suolo israeliano (foto Roee Idan)


Torna la violenza di Hamas: decine di razzi contro Israele e botte ai giornalisti stranieri


È stata una giornata di guerra. Non solo in Libia. Ma anche a Gaza. Un sabato di mortai, attacchi aerei, vittime e minacce ai giornalisti. Dopo giorni di proclami (e minacce) ieri dalla Striscia è partita una lunga serie di attacchi contro il fronte israeliano. Almeno cinquanta proiettili di mortaio sono stati sparati dai miliziani di Hamas verso la parte meridionale del deserto del Negev. Colpi quasi tutti andati a vuoto. Tranne uno, finito sulla comunità agricola di Pithat Shalom: due persone sono rimaste ferite e una casa ha subito danni.A quel punto la replica dell’esercito israeliano non s’è fatta attendere. Carri armati e artiglieria di terra sono entrati in azione sul confine sud-orientale della Striscia di Gaza. Poi è stata la volta di un paio di incursioni aeree. Secondo fonti mediche, cinque miliziani e un bambino palestinese sarebbero rimasti feriti. L’esercito israeliano ha anche comunicato di aver ucciso due terroristi posizionati lungo la frontiera.Il premier Benjamin Netanyahu ha definito «molto grave» quest’ultima violazione della tregua di fatto in vigore teoricamente dalla fine dell’offensiva “Piombo Fuso” di due anni fa e ha fatto intendere ulteriori ritorsioni, ribadendo di essere deciso a «proteggere i cittadini israeliani con tutti i mezzi necessari».Meno diplomatico il ministro degli Esteri Avigdor Lieberman, leader di Israel Beitenu (partito di estrema destra). Da sempre contrario a qualunque concessione negoziale nei confronti dei palestinesi, ha inviato una protesta formale alle Nazioni Unite e ha scritto che «gli attacchi odierni, avvenuti mentre si discute di riconciliazione fra l’Autorità nazionale palestinese e Hamas, dimostrano come il sostegno internazionale che i palestinesi chiedono sarebbe nei fatti sostegno a uno Stato terrorista».Le tensioni continuano anche all’interno della parte politica palestinese. Come confermano la parole di Sami Abu Zuhri. Il portavoce dell’ala dura di Gaza è tornato ieri a scagliarsi contro Fatah, il partito di Abu Mazen rimasto in sella nella sola Cisgiordania dopo la sanguinosa presa del potere di Hamas nella Striscia nel 2007. Zuhri ha avvertito che l’annunciata visita conciliatoria di Abu Mazen a Gaza non potrà esserci prima del rilascio di «tutti i prigionieri politici» detenuti in Cisgiordania. E ha accusato Fatah d’aver «sobillato da Ramallah» i giovani protagonisti di alcuni insoliti raduni “non autorizzati” promossi in settimana a Gaza per invocare l’unità nazionale e protestare contro la divisione tra fazioni.Raduni che la forza pubblica di Hamas ha disperso con la violenza. E dei quali i miliziani islamici non hanno gradito neppure la copertura mediatica, come testimoniano le irruzioni compiute sabato mattina nelle sedi di Gaza City della tv dell’agenzia internazionale Reuters e d’un service locale che fornisce assistenza video all’agenzia americana Associated Press. I miliziani – una decina in tutto – hanno sequestrato le telecamere, hanno picchiato un giornalista, minacciato gli altri e hanno finito il loro raid con il pestaggio di due operatori palestinesi.20 marzo http://falafelcafe.files.wordpress.com/


Nabil Amir rivela: "Fatah ha speso cifre folli per fomentare disordini anti-Hamas a Gaza, fallendo sempre!"

Nabil Amir, ex-ufficiale della fazione Fatah, staccatosene perché disgustato dal servilismo e dalla corruttela che hanno totalmente 'avvelenato' i piani alti di quella che una volta era l'organizzazione di Resistenza che faceva capo a Yasser "Padre Palestina" Arafat, ha svelato come Abbas e i suoi soci abbiano investito un milione di dollari dei fondi ricevuti dai "paesi donatori" nel periodo che va dal loro fallito Colpo di Stato del 2007 a oggi.I soldi sarebbero stati 'investiti' nel tentativo di fomentare manifestazioni di dissenso e torbidi contro il legittimo Governo palestinese guidato nell'enclave costiera assediata da Ismail Hanyieh, a cui si contrappone, tronfio e impotente, il cosiddetto 'esecutivo' di Ramallah, docile strumento in mano al Capo di Fatah."Fatah é consumata da un folle desiderio di vendetta, l'umiliazione che i suoi capi hanno subito a Gaza, quando Hamas respinse i loro miliziani e li mise in fuga, ha generato un odio tale che per soddisfarlo sarebbero capaci di arrivare a qualunque cosa, persino a istigare un bagno di sangue fra Palestinesi".Nelle dichiarazioni rilasciate ai giovani redattori di un sito-web che preme per il superamento della spaccatura con Hamas, Amir ha reiterato come Fatah ormai sia 'una metastasi' che ha intasato tutti i gangli e gli enti dell'Autorità nazionale palestinese, fagocitandola dall'interno e riducendola un guscio vuoto e che ormai solo una 'rivoluzione interna' potrebbe restituire al movimento l'integrità e il senso di direzione che ha smarrito negli ultimi diciassette anni, passati a brancolare senza costrutto nel labirinto dei fantomatici 'negoziati di pace' con Israele.http://palaestinafelix.blogspot.com/


Nasce il Museo della Memoria

Un Museo della Memoria per non dimenticare quello che Assisi fece per salvare gli ebrei negli anni tra il 1943 e il ’44. È l’iniziativa che sta portando avanti l’opera Casa Papa Giovanni diretta dal vescovo emerito mons. Sergio Goretti in collaborazione con il Comune di Assisi, la Regione, la Provincia di Perugia, con il patrocinio di Isuc, associazione Italia-Israele e Franciscan Pilgrimage Programs. La mostra, ideata e curata da Marina Rosati, con ricerche e testi di Annabella Donà e la consulenza storica di Francesco Santucci, sarà allestita nei locali della Pinacoteca comunale di Assisi e verrà inaugurata giovedì 24 marzo alle 16.30. Il Museo della Memoria raccoglie scritti, documenti inediti, foto e testi relativi a quel periodo storico e soprattutto ai personaggi che si prodigarono in prima persona per salvare circa 300 ebrei. La mostra parlerà di don Aldo Brunacci, già fondatore dell’opera Casa Giovanni che negli anni ha mantenuto viva la memoria, dell’allora vescovo mons. Giuseppe Placido Nicolini che tirò le fila dell’organizzazione clandestina che, spontaneamente, si era venuta a creare; di p. Rufino Niccacci, padre guardiano del convento di San Damiano, del podestà di Assisi Arnaldo Fortini, del colonnello tedesco Müller, degli Ordini religiosi, del frate minore conventuale p. Michele Todde e tutti gli altri che si prodigarono per salvare la vita a tante persone, destinate altrimenti alla deportazione. Uno spazio sarà ovviamente dedicato anche a Luigi e Trento Brizi, i tipografici assisani che stamparono i documenti falsi per gli ebrei ed insieme ad immagini e riconoscimenti sarà esposta anche l’antica macchina tipografica con cassettiere, taglierina e timbri. “Grazie all’opera Casa Papa Giovanni – spiega la curatrice Marina Rosati – e con la collaborazione delle varie istituzioni coinvolte a cominciare dal Comune e dal consorzio AssisiSì che ha messo a disposizione i locali, questa importante pagina di Assisi potrà essere conosciuta da tutti ed avere il suo giusto risalto. In Italia e nel mondo sono tante le persone che si sono adoperate per salvare gli ebrei – aggiunge Rosati – ma in questo caso parliamo di tanti assisani, religiosi e laici che misero a repentaglio la loro vita per gli altri. È di particolare soddisfazione poi che la famosa macchina tipografica dei Brizi, sfrattata di recente dall’antico locale dove operò e destinata a restare in un magazzino, possa far parte integrante della mostra insieme ad altri oggetti dell’antica stamperia. L’auspicio – conclude Rosati – è che intanto gli assisani, ma poi gli studenti ed anche i visitatori possano apprezzare questa esposizione, unica nel suo genere sul territorio regionale e con tutte le caratteristiche per diventare un museo di più ampio respiro”. http://www.lavoce.it/


Israele: la tecnologia avvicina israeliani e palestinesi

18 Marzo 2011 13:20
L’alta tecnologia può essere un ponte per avvicinare israeliani e palestinesi. Secondo uno studio realizzato dagli esperti di Mercy Corps, una delle maggiori organizzazioni non governative americane, il 32 per cento delle compagnie tecnologiche palestinesi coopera con compagnie israeliane tramite vendite e accordi di outsourcing.Tra gli israeliani, i primi a delocalizzare parte della produzione in Cisgiordania sono stati Intel Corporation e Cisco Systems Inc., due delle maggiori aziende di high-tech del Paese, che da oltre dieci anni contano su partner palestinesi. Di recente, l’amministratore delegato della società israelo-americana Mellanox Technologies Ltd., Eyal Waldman, ha deciso di stabilire un nuovo centro di software design a Ramallah, preferendola all’India e alla Cina. «Israeliani e palestinesi – ha spiegato – hanno lo stesso fuso orario e sono simili culturalmente. Lavorare con i Territori palestinesi costa meno, e ci permette di restare vicino al nostro quartier generale di Yokne’am Ilit», nel nord d’Israele. Diversi dirigenti e capitani d’industria, al di qua e al di là della Green Line, concordano sul fatto che la costruzione di solidi legami economici tra privati è fondamentale per migliorare la crescita economica a livello regionale e creare opportunità di pace. Dati diffusi dal Fondo Monetario Internazionale mostrano che il settore tecnologico palestinese negli ultimi cinque anni ha raggiunto il numero di 250 imprese, che impiegano 5.800 dipendenti. Una crescita che ha influito, più in generale, sulle percentuali di aumento dell’economia della Cisgiordania, dove è stato registrato un + 8 per cento nel 2010 e un + 7.2 per cento nel 2009.http://www.focusmo.it/


Israele e la bolla immobiliare

18 Marzo 2011 http://www.focusmo.it/
Continua a gonfiarsi quella che in molti hanno già definito «la bolla immobiliare israeliana». L’Ufficio centrale delle statistiche ha pubblicato ieri uno studio che mostra come il prezzo delle abitazioni sia cresciuto anche in febbraio, dello 0.4 per cento.Il trend continua dal dicembre 2008: l’unica flessione registrata finora è stata nel gennaio scorso, ma dall’analisi realizzata dall’istituto appare chiaro che si sia trattato di una piccola parentesi che non ha influito sulla tendenza principale e che, soprattutto, non cambia la situazione di fatto. Abitare in Israele costa sempre di più. L’Ufficio centrale ha poi diffuso i dati sull’ultimo trimestre del 2010. Le cifre mettono in evidenza che nel periodo 2008-10 i prezzi delle case sono saliti del 43 per cento, e anche gli aumenti per gli affitti sono cresciuti in proporzione. La scorsa settimana la stampa locale aveva lanciato l’allarme: un numero crescente di israeliani non può più permettersi di acquistare un’abitazione. Immediata la reazione del Primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, che ha dichiarato guerra alla bolla speculativa immobiliare e annunciato un piano abitativo di emergenza per costruire 50mila nuovi appartamenti nei prossimi 18 mesi. «Il piano andrà a beneficio di tutti i cittadini – hanno spiegato i suoi collaboratori –, ma è pensato in particolare per aiutare chi compra una prima casa, appartamenti a poco prezzo per giovani coppie e soldati». Il progetto aspetta l’approvazione finale della Knesset, il Parlamento di Gerusalemme: ma intanto contro l’azione del governo si sono già levate alcune voci di disapprovazione. Le accuse rivolte all’esecutivo sono di «rispondere alla crisi con gli slogan» e di non avere in realtà idee chiare su come fare fronte alla crisi abitativa in corso.


Eilat

Rivolte: Netanyahu auspica democrazia
ma c'è il rischio di "nuovi Iran"


Israele auspica che i venti di protesta innalzatisi in diversi Paesi arabi possano essere forieri di una vasta svolta democratica in tutto il Medio Oriente. Ma la paura è che nell'immediato possano spuntare tanti "nuovi Iran". In una lunga intervista alla CNN il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito e spiegato le preoccupazioni di Israele. "Tutti noi abbiamo sperato, speriamo ancora, che le rivolte genereranno una trasformazione democratica", ha affermato. "Cioè che i ragazzi di Google, i ragazzi di Facebook creino un paradiso-Google e un paradiso-Facebook in cui il potere sia dato davvero al popolo. Ma non è scontato che ciò avvenga. Potremmo avere un altro Iran" - ha avvertito, e a supporto di quanto detto ha ricordato l'esempio libanese, dove cinque anni fa un milione di cittadini sfilò a Beirut "inneggiando alla libertà, a riforme laiche e a uno Stato di ispirazione liberale". Mentre oggi, ha sostenuto, "il Libano è controllato dagli Hezbollah, che sono controllati dall'Iran".http://www.moked.it/


Purim, è tempo di Orecchie di Hamman

"No Hamantashen No Party” direbbe un George Clooney versione Re Assuero bussando oggi alla porta dei suoi vicini di casa ebrei. Insieme al grande carico di storia e significato, la festa di Purim porta finalmente sulle tavole ebraiche le Orecchie di Hamman, delizioso pasticcino triangolare farcito di semi di papavero e prelibatezze varie, che nella forma ricorda proprio le orecchie del perfido ministro persiano il cui piano persecutorio sventato grazie all’eroismo della regina Ester è ricordato in questa lieta occasione. Dalla ricetta originaria dell’Europa askenazita si è passati negli ultimi anni a una notevole varietà di Hamantashen. Il boom si è verificato soprattutto in Israele dove se ne trovano molteplici e curiose tipologie: ripiene di fragole o pistacchio ma anche di meringa e persino di amaretto. E dove l’Hamanstashen, almeno a quanto scrive una fonte autorevole come il New York Times, è ormai percepito come elemento indissolubilmente legato al Purim allo stesso modo in cui il pane azzimo lo è alla festività di Pesach. “Gli israeliani sono pazzi per le Orecchie di Hamman” chiosa il NYT. E voi come le preparate? C’è una ricetta speciale che si tramanda di generazione in generazione nella vostra famiglia? La tradizione gastronomica dell’ebraismo italiano contempla un vasto campionario di leccornie adatte a una circostanza allegra come il Purim, Hamantashen in testa, che risentono di influenze sia askenazite sia sefardite e che vanno a comporre il mishloach manot, immancabile pacchetto di dolci di cui bisogna far dono a parenti e amici per assicurarci che abbiano cibo a sufficienza per celebrare la ricorrenza. Negli ultimi decenni ad aggiungere ulteriori sapori sono arrivate le sfiziose pietanze degli ebrei di origine libica. Se non avete ancora deciso cosa riservare ai vostri ospiti e amate l'intensità culinaria del Nordafrica fate un salto sul portale Labna.it per scoprire la ricetta dei burik dolci. Purim Sameach! http://www.moked.it/


Gerusalemme - moschea

Enric Gonzáles, inviato di “El Pais” a Gaza è stato uno dei pochi a riportare la notizia che Hamas, ovvero il padrone politico di quella parte del futuro Stato di Palestina, ha disperso violentemente nel sangue una manifestazione di oppositori che chiedevano libertà. Non la chiedevano inneggiando alla distruzione di Israele, ma contro l'oppressione che subiscono dal loro governo. Questo evento ha un valore perché, forse, costituisce il primo indizio di un possibile Stato di Palestina, moderno e libero. Per due motivi: 1) perché uno Stato moderno è il risultato dello scontro con altre componenti politiche della propria comunità, senza trasformarle in "stranieri” o in “agenti del nemico”; 2) perché forse dice che sta nascendo una generazione che non si legittima per la lotta di liberazione che ha condotto in passato, ma perché pretende di avere un futuro senza continuare a pagare il dazio alla classe politica che l’ha governata finora e che ancora la governa. E tutto questo senza portare in piazza il fantoccio del nemico, la sua bandiera o una qualche scritta da bruciare.David Bidussa, storico sociale delle idee, http://www.moked.it/